Banche, banchieri e media “silenziati”: vietato scavare su Monte Paschi (e Gronchi) /2
Ma insomma, quei “comportamenti fraudolenti da parte di amministratori che sapevano e hanno taciuto o hanno mentito” di chi sono? A chi si riferiva il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, nell’intervista al Corriere della Sera (leggi qui), quando parlava delle responsabilità dei banchieri? Silenzio assoluto: giornali, tg, agenzie, tutti zitti. Come se la cosa non interessasse nessuno. E infatti gli amministratori sono tutti a piede libero.
Un velo pietoso è pure calato, da parte dei media e di quei santoni dell’informazione che si riempiono la bocca col “giornalismo d’inchiesta”, su un altro passaggio delle dichiarazioni del ministro. Quello in cui, con notevole faccia tosta, addebita alla perfida “recessione” la crisi bancaria e il mancato pagamento dei debiti. Manco una parola sulla marea di fidi concessi allegramente, senza garanzie e quasi sempre su input politici.
Manco una parola su quei poveri direttori di filiale cacciati senza pietà solo perché si erano rifiutati di seguire le demenziali direttive degli istituti di credito più asserviti alle voglie fameliche dei raccomandati dai “poteri forti” territoriali, laici o religiosi che fossero.
Eppure era stato lo stesso Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ad ammettere questa realtà davanti alla Commissione d’inchiesta. Nelle banche di interesse regionale controllate dalle fondazioni dove siamo andati a fare ispezioni – il succo del suo racconto – abbiamo riscontrato non solo delle commistioni con scambi di ruoli apicali tra le une e le altre, ma anche erogazioni del credito in favore di potentati e politici locali, quasi tutti finiti con il mancato rientro di quanto concesso. Chiaro?
Le superficialità d’analisi di Padoan fanno il paio con quelle di Pier Ferdinando Casini e della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie. Tutti d’accordo nel volare il più alto possibile, di difendere anche l’indifendibile dei conflitti d’interesse all’interno della Vigilanza della Banca d’Italia, di evitare accuratamente di scavare in profondità sugli intrecci finanziari e sugli amministratori che per decenni hanno fatto il bello e il cattivo tempo nel campo del credito.
Il caso del Monte dei Paschi è emblematico. Perché è da lì, dalla banca senese, che nasce tutto o quasi tutto. Con personaggi ed interpreti che sono quasi sempre gli stessi. Ma Casini non l’ha voluto approfondire e quasi tutti gli altri commissari (forse con la sola eccezione del senatore Andrea Augello) non avevano le competenze (ma neanche la voglia) di andare a fondo più di tanto. Così, si è persa una grande occasione e ci si dovrà accontentare della solita relazione finale che non svela o chiarisce alcunché.
Eppure, tanto per fare un esempio, invece di inseguire l’audizione di Gianni Zonin per cercare di chiarire come si è arrivati al crack della Banca Popolare di Vicenza, non sarebbe stato meglio cominciare a sentire il suo ex-braccio destro, l’immarcescibile Divo Gronchi?
Già perché forse non tutti si ricordano delle prestigiose tappe della carriera dell’ottuagenario volante, di questo straordinario Tarzan delle banche, capace di agguantare al volo tutte le possibili liane della giungla del credito italiano, ma senza mai lasciare impresse le proprie impronte digitali. Un fenomeno.
Certo, qualche piccolo incidente di percorso l’ha avuto anche lui, ma roba da poco. Una sanzione di Bankitalia di qua, un’altra di là, ma sempre rapidissimo a lasciare libere le poltrone che cominciavano a scottare prima che la situazione precipitasse. Davvero un fenomeno, altro che i “furbetti del quartierino” alla Stefano Ricucci.
Sì, sarà proprio il caso di raccontare un po’ di storia del Tarzan delle banche.
(2-continua)