
Blackout a Madrid: chi ha spento la luce (del cervello)?
Il 28 aprile buona parte di Spagna e Portogallo è piombata nel buio. Letteralmente. Ma il vero blackout – più inquietante, più strutturale – è quello cerebrale, tutto politico, che si è acceso a Madrid subito dopo.
Appena tornata la corrente, il governo ha pensato bene di spegnere la logica. E il Premier, il socialista Pedro Sanchez, alla guida di un governo di sinistra, da vero statista dell’emergenza, ha alzato il dito – non quello medio, ma quello accusatorio – contro i soliti colpevoli: i privati. “Pretenderemo che tutti gli operatori siano chiamati a rispondere” ha tuonato. Tradotto: abbiamo un sistema mal progettato, mal gestito, fragile come una lampadina cinese in saldo, ma la colpa è di chi ci lavora dentro, mica di chi lo ha impostato.
Il sospetto – mica tanto velato – è che qualcuno stia già lucidando il manganello fiscale: multe, nuove imposizioni, magari qualche obbligo di servizio in più, giusto per far vedere ai giornali che “qualcosa si fa”.
Eppure, a mente fredda, c’è un’altra lettura possibile. Questo blackout, paradossalmente, potrebbe essere un’occasione. Per cambiare rotta. Per smetterla con l’ideologia da libro Cuore green, e cominciare a investire davvero in un mix energetico bilanciato. Più reti, più stoccaggio, più capacità gestibile, magari anche un pizzico di realismo sul ruolo del gas. Ma no: troppo facile.
Il Premier, invece, ha preferito spararla grossa: non si esclude un cyberattacco (anche se l’operatore di sistema lo ha già escluso), non c’è alcun problema con l’eccesso di rinnovabili (figurarsi!), e poi il nucleare – udite udite – “non è più resiliente delle altre fonti” e “avrebbe rallentato il ripristino del sistema”. Un miracolo logico, degno del miglior comizio da balcone.
Insomma: le rinnovabili non c’entrano, il nucleare è il male, il gas è tollerato come un parente povero, e il blackout è colpa di chi produce energia. Geniale.
Nel frattempo, la Spagna si prepara a una crescita della domanda elettrica superiore alla media europea. Ma senza investimenti veri in capacità flessibile e senza rivedere un modello che ha tagliato proprio le fonti gestibili, il sistema rischia altri salti nel buio.
Domanda finale (che a Madrid evitano con cura): quanto dovranno pagare le utility – in multe, vincoli, demagogia e silenzi stampa – prima che il governo scopra l’acqua calda e si accorga che la transizione energetica, per funzionare, ha bisogno anche di testa, non solo di slogan?
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