
Calenda e l’ex- ILVA: il bue che dà del cornuto all’asino
Adesso Carlo Calenda si presenta come il grande saggio della politica industriale, tuonando contro Urso, il PD e i 5 Stelle per il disastro dell’ILVA di Taranto. Ma basta avere un minimo di memoria per ricordare chi ha messo la firma sulla più grande sciagura industriale del Mezzogiorno: proprio lui, Calenda, quando da ministro dello Sviluppo Economico ha consegnato l’impianto nelle mani di ArcelorMittal.
Fu lui, infatti, a stendere il tappeto rosso al colosso franco-indiano, spacciando quell’operazione come un salvataggio epocale. In realtà, Mittal non ha mai avuto alcuna intenzione di rilanciare l’ILVA con un vero piano industriale. Il suo obiettivo era molto più semplice e cinico: eliminare il principale concorrente europeo che poteva minacciare la sua leadership. E così è stato.
Mentre oggi Calenda si straccia le vesti denunciando i “100 milioni di euro al mese” di costi per un impianto morente, dimentica di raccontare che fu lui a mettere la corda al collo dell’acciaieria, consegnandola a un gruppo che ha sistematicamente ridotto la produzione, bloccato investimenti e trasformato lo stabilimento in un guscio vuoto. Nessuna strategia di rilancio, solo una fredda operazione commerciale di sabotaggio, pianificata a tavolino da Mittal per ridurre la concorrenza sul mercato europeo dell’acciaio.
Le stesse “inchieste assurde” e i “poteri locali irresponsabili” che oggi Calenda accusa erano già lì quando lui decise di firmare l’accordo con Mittal. Ma allora, in nome di una propaganda da campagna elettorale, preferì presentarsi come il salvatore dell’industria italiana. Ora che il castello di carte è crollato, eccolo a pontificare su X, scaricando la colpa su tutti tranne che su se stesso.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la più grande acciaieria d’Europa è allo sbando, migliaia di lavoratori sono in balia dell’incertezza, e il Sud Italia ha perso il suo più importante presidio industriale.
Calenda oggi accusa, ma fu lui a preparare la polveriera e ad accendere la miccia. Sia chiaro: la gestione di Urso e del suo gruppo di advisor ha fallito ma Calenda, prima di impartire lezioni agli altri, dovrebbe spiegare agli italiani perché ha permesso che Taranto finisse sotto il controllo di un gruppo che l’ha scientemente smantellata.
LA SASSATA

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