
Confapi in ebollizione: il mandato scaduto di Camisa divide la base e apre scenari da resa dei conti
La Confederazione italiana della piccola e media industria si trova in un momento di forte tensione interna. Alla fine del mandato dell’attuale presidente Cristian Camisa, una parte significativa del mondo produttivo che Confapi rappresenta appare oggi in aperto disaccordo con la gestione della Confederazione.
La sensazione diffusa, soprattutto nel Nord industriale ma in genere da chi poi ha distretti manifatturieri forti, anche al centro ed al sud, è che l’associazione stia vivendo una crisi di rappresentanza profonda, con equilibri territoriali e politici messi in discussione come non accadeva da oltre un decennio.
La manifattura in crisi non trova quindi nella leadership una guida efficace ed autorevole che le sostenga. Forti segnali di malcontento proprio dai territori in cui la crisi colpisce: dall’auto a Torino, alle difficoltà della siderurgia bresciana e tarantina, fino al Veneto in difficoltà nel modello di export colpito dai dazi.
In molti leggono questa dinamica come un segnale di scollamento interno, frutto anche delle difficoltà di dialogo tra i diversi livelli territoriali, acuita da modalità di valutazione della certificazione della rappresentanza interna non concordate unitariamente.
Bilancio bocciato e nervi tesi
Il clima si è surriscaldato dopo la bocciatura, con ampia maggioranza, del bilancio consuntivo e preventivo della Confederazione da parte del consiglio direttivo a fine giugno. La maggioranza dei voti contrari proveniva da esponenti della coalizione che non si riconosce più pienamente nella linea attuale.
Nonostante ciò, la presidenza ha scelto di resistere e portare il documento in Assemblea. Dove, a fine luglio, in assenza del blocco industriale che l’aveva bocciato in direttivo, il bilancio fu poi approvato. Un episodio fortemente contestato, stante l’anomalia e la forzatura di quella scelta, che ha acuito le fratture interne, con delegati anche non ammessi e assenze di peso.
È stata la conferma di un malessere politico e organizzativo ormai evidente, destinato a riflettersi sulla prossima assemblea elettiva di fine novembre.
Il contenzioso finisce in Tribunale
La vicenda ha ormai assunto anche un risvolto legale: le diverse posizioni all’interno dell’associazione sono oggi oggetto di ricorsi e contro-ricorsi, affidati a studi legali di primo piano.
Da una parte si schierano i rappresentanti della coalizione che contesta la gestione confederale; dall’altra la strenua difesa della presidenza e dei suoi sostenitori, che temono di non essere poi più coinvolti nella gestione associativa, stante la minore rappresentatività industriale e manifatturiera.
Realtà, va detto, che ha avuto la forza e la capacità di sostenere le aziende riuscendo a concludere un accordo economico molto importante, nella maggiore categoria metalmeccanica, durante la presidenza del toscano Lorenzo Giotti (Siena), che infatti era sostenuto dalla coalizione opposta al presidente Camisa, a conferma della forza di questo blocco industriale manifatturiero nelle relazioni industriali e sindacali.
Equilibri in movimento
Osservatori del mondo associativo notano come la situazione attuale stia riaccendendo l’interesse di soggetti esterni, dalla Piccola Confindustria ai gruppi artigiani, fino ai “cugini” di Confimi.
Il timore, espresso da più parti, è che le lacerazioni interne possano indebolire la voce unitaria della piccola industria italiana, aprendo la strada a nuovi processi di frammentazione.
Rischio di nuova scissione?
Le ferite lasciate da anni di contrapposizioni non si rimarginano in fretta. C’è chi paventa addirittura una nuova scissione, dopo quella del 2012, se il confronto non troverà sbocchi costruttivi.
A quel punto, sarebbe inevitabile chiedersi quale soggetto sarà riconosciuto come interlocutore più rappresentativo delle PMI italiane, in un quadro sempre più fluido e competitivo. Quadro che Confapi ha sempre guidato negli ultimi anni con autorevolezza, nonostante gli ultimi tempi a cui è sfuggita la capacità di guida unitaria e concorde.
Gli artigiani si muovono
A complicare ulteriormente il quadro, gli artigiani stanno spingendo in Parlamento per ottenere il riconoscimento, molto discusso, della rappresentanza delle imprese fino a 49 dipendenti, mossa che potrebbe ridisegnare i confini della rappresentanza stessa.
Una riforma che, se approvata, costringerebbe le principali organizzazioni delle PMI a ripensare la propria identità e la propria base associativa.
Confapi vive un passaggio delicato, segnato da scontri interni, tensioni territoriali e sfide di rappresentanza. Qualunque sia l’esito delle battaglie giudiziarie e politiche in corso, appare evidente che il mondo delle PMI italiane chiede una leadership nuova, dialogante e capace di guardare oltre le divisioni.
Perché mentre le imprese lottano ogni giorno sui mercati, la loro casa comune non può permettersi il lusso di un altro mandato di divisioni e lacerazioni.
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