Il presidente Conte, il luogotenente Fico e i sindacati di Polizia
Lo sciopero della fame del luogotenente Pasquale Fico sembra ormai archiviato, in barba al fatto che mettere a repentaglio la propria esistenza per perseguire un giusto fine sia passato di moda, oggigiorno.
Tuttavia, il Governo ha risposto alla richiesta, convocando, in prima battuta, il luogotenente Fico il quale, armato dello spirito altruistico che lo contraddistingue da decenni – agonizzante dopo 50 giorni di sciopero della fame, ormai esausto, privo di forze ma con un piglio straordinario – ha chiesto al Presidente di convocare «il Cocer Interforze», consigliandogli di «ascoltare chi è deputato a rappresentare il personale». E Conte così ha fatto.
Fa riflettere, però, che il Cocer abbia chiesto l’incontro con il presidente del Consiglio Conte molto tempo fa e in più battute, avvalendosi di numerosi comunicati stampa nel rispetto della norma di legge (art.8 bis del D.Lgs.n. 195/1995). E fa riflettere ancora di più che si sia dovuti giungere alla debilitazione fisica del luogotenente Fico per ottenerlo.
La prossima volta per essere ascoltati cosa dovranno fare i rappresentanti sindacali: incatenarsi a Montecitorio e lasciarsi avvizzire sotto il solleone di Roma, mentre qualche ministro del Governo è impegnato in una diretta Facebook a parlare di quanto bello sarà questo nuovo anno, mandando bacioni a destra e a sinistra? Peste vi colga!
L’incontro si è svolto in un clima gioviale, ha comunicato il Cocer al termine del meeting. In verità, quella che si respirava era un’aria di insicurezza. Il Presidente Conte era incerto su cosa rispondere, nonostante il ministro Trenta fosse stata chiara e precisa sulle esigenze del Comparto: apertura del rinnovo contrattuale, proroga dei termini della delega per i correttivi al riordino dei ruoli e ulteriori risorse, il progetto Strade Sicure. Quello che traspariva dal volto del presidente del Consiglio Conte era imbarazzo. Sì, era imbarazzato, ma non per la situazione, ma con se stesso.
Avrebbe voluto rispondere affermativamente a tutte le richieste, perché valide e non per dare un contentino, ma non sapeva come districarsi. E dato che lui politico di professione non lo è, ha temporeggiato con un sibillino «Vedremo». Che, ai fatti, è il nuovo «le faremo sapere», quello che ti propinano quando ti presenti ad un colloquio di lavoro, ti ricoprono di elogi e prima di congedarti ti piazzano nel discorso la funesta frase che, la maggior parte delle volte, sta a significare «No».
Ovviamente ci auguriamo che non sia questo il caso. Insomma, i rappresentanti dei cittadini non saranno mica come quei sadici frustrati delle risorse umane che prima ti illudono e poi ti danno il ben servito? O peggio, come quelli che stanno per assumerti ma poi si ricordano che il Capo potrebbe non essere d’accordo e dunque cincischiano? E in questo caso: chi governa la baracca?
Per noi dell’informazione quello che conta sono i fatti e qui, come si dice a Roma, “le chiacchiere stanno a zero”. Ad oggi non ci sono stati risvolti. Un clima da palude e la palude provoca aria malsana, genera scontento.
I fondi per remunerare le ore di Strade Sicure non bastano e il personale è costretto a permanere in strutture che richiedono interventi di manutenzione urgenti, nonostante il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito faccia degli sforzi disumani nel gestirei conti del Palazzo.
I provvedimenti ai correttivi al riordino delle carriere si avviano verso la naturale scadenza e il 30 giugno è alle porte per l’apertura del rinnovo contrattuale. Questa è la verità dei fatti.
E torniamo a chiederci: chi governa la baracca?
In queste ore, però, è accaduto qualcosa di strano. I sindacati di Polizia hanno fatto un bel cartello, ripreso dalle maggiori agenzie di stampa, dove rivendicano l’incontro con il presidente Conte, dicendo di non fare “figli e figliastri”. Ribadiscono gli stessi argomenti che ha illustrato il Cocer al Presidente del Consiglio, a parte Strade Sicure.
Certo, quello è un argomento che potrebbe aprire scenari inenarrabili. Pensiamo al Decreto Sicurezza fatto per “gli amici del Viminale” e non solo: parecchi soldini stanziati per la remunerazione delle ore di straordinario, proprio quello che chiede da tempo il Comparto Difesa! Peccato che in quel provvedimento il Capo del Viminale se ne sia visto bene dall’inserire anche il personale delle Forze Armate che collabora alla deterrenza, nonostante il Cocer rivendicasse giustizia.
Chi sono i figli e chi i figliastri?
E ribadiamo di nuovo: chi governa la baracca? Ah, forse, adesso lo abbiamo capito.
I sindacati di Polizia, ad esclusione della sigla più grande in termini di tessere, chiedono un incontro dopo 30 giorni e lo fanno a ridosso delle scadenze dei termini.
Il dubbio non può che nascere spontaneo: il rinnovo dei tesserati è vicino e occorre agitare un po’ le acque? O il maggior azionista sindacale non si unisce al cartello delle altre sigle, pur trattandosi di argomenti di alto rilievo, perché ha già concordato le modalità e le azioni da intraprendere con il Viminale?
Stranamente, però, le sigle che hanno firmato il cartello sono le stesse che non volevano la norma sulla defiscalizzazione che il Cocer Difesa ha portato avanti con estrema difficoltà durante il provvedimento del riordino del 2017 e che poi loro hanno rivendicato come propria.
Una norma che, ricordiamo, per il personale avente reddito fino a 28000 euro, riconosce una defiscalizzazione sull’Irpef, ma ancora una volta, come per l’assegno di funzione, ai sindacati non piace concentrarsi sul personale in difficoltà o su chi ha ricevuto sperequazioni da un decennio. Forse andrebbe detto questo ai vostri tesserati.
Lasciamo fare il proprio lavoro ai “tecnici”. Dal canto nostro, per sviscerare l’argomento ci sarà tempo. A quanto pare aleggia un clima da antiacido in quel di via XX Settembre.
Il prossimo passo di Conte sarà l’incontro con le sigle sindacali. Chissà se “quello che governa la baracca” gli darà indicazioni, oppure lo lascerà in balia degli eventi perché occupato nell’ennesimo comizio.