Dal fattore K (Kommunizm) al fattore M (Magistratura): solo Cossiga aveva capito tutto
La locuzione dell’ex-presidente della Repubblica Francesco Cossiga che compare nel titolo di questa “Sassata”, dice tutto su quanto sta accadendo in Italia. Meglio di qualsiasi coraggioso editoriale della grande stampa indipendente (vedi Il Messaggero) o schierata con il governo di centrodestra.
Prendete, per esempio, il titolo di prima pagina di Repubblica (“Meloni indagata sfida i pm”): bene, la premier sembrerebbe soltanto “indagata” come “atto dovuto”; peccato che, subito dopo, nel catenaccio ci sia scritto in bella evidenza “È sotto accusa per la scarcerazione del torturatore libico”.
Ecco fatto: da “indagata” è subito diventata “accusata”. I pm saranno più che soddisfatti. E le parole di Cossiga risultano ancora più preveggenti.
Perché ormai è chiaro: dal fattore K inventato da Alberto Ronchey per spiegare l’impossibilità per il PCI di andare al potere, siamo arrivati al fattore M, come magistratura. Cioè al sistema alternativo creato dai post-comunisti -grazie ai giudici militanti- di liberare e poi difendere le stanze del potere occupate dalle orde nere del terzo millennio.
Esattamente come aveva previsto l’ex-Capo dello Stato. Che i magistrati aveva imparato a conoscerli bene come presidente del CSM e certo non poteva e non può essere considerato un pericoloso neo-fascista.
Volete qualche altro esempio? A parte l’iscrizione nel registro degli indagati della Meloni, di Nordio, Piantedosi e Mantovano, ce ne sono a bizzeffe. Vecchi e nuovi. Dalle interferenze della Procura di Milano ai tempi di Tangentopoli, al “caso Mastella” (poi regolarmente assolto) che portò alla caduta del governo Prodi. Con un unico filo rosso che ha sempre legato questi episodi: i tentativi governativi di stroncare lo strapotere dei pm, anche attraverso la separazione delle carriere tra requirenti e giudicanti. Risultato appena raggiunto dall’esecutivo di centrodestra a guida FdI, sulla scia di quanto ipotizzato da un giudice non certo di destra come Giovanni Falcone.
Ma per avere ben chiara la situazione, basta leggere con attenzione i giornali, zeppi di giornalisti “militanti”, né più né meno di buona parte dei magistrati. Per esempio “Il Corriere della Sera”, dove si da’ notizia dei risultati delle elezioni del “parlamentino” dell’ANM. Non può essere nascosta più di tanto la vittoria indiscutibile della corrente moderata di Magistratura Indipendente, ma con questa aggiunta che non ha nulla a che vedere con la cronaca: “la sinistra, nel suo complesso (Area+MD) ndr) raggiunge circa il 40%, facendo ben sperare per il futuro”. Ma certo, come no: che c’entra l’auspicio di un futuro certamente più radioso di questo con la cronaca? E perché non rendere note le percentuali precedenti raccolte dalle tanto amate “toghe rosse”?
Non è finita. Altra “chicca”. Titolo di prima pagina del “Fatto quotidiano”: “La sorella aiutava Gianni Alemanno”. Poi, vai all’interno e scopri dal pezzo che la sorella non ha affatto aiutato l’ex-sindaco di Roma nelle sue sconcertanti violazioni del regime di affidamento ai servizi sociali. Tanto è vero che non risulta neppure indagata. Ma è bastato un passaggio dell’ordinanza in cui una giudice alludeva al tentativo (senza seguito) di Alemanno di farsi aiutare dalla congiunta, per far partire lo schizzo di fango e trasformare Gabriella Alemanno, commissaria CONSOB, in una complice.
Neanche mezza riga sul carattere persecutorio del fatto che l’ex-sindaco non possa neppure usufruire degli arresti domiciliari, ormai concessi a iosa ad imputati per reati ben più gravi di un traffico di influenze.
Macché! Alemanno è di destra e non merita alcuna pietà. Deve marcire a Rebibbia.