Difesa, appello alla Trenta: “Metta fine al malcostume delle associazioni d’Arma”
L’esortazione arriva dal contrammiraglio in ausiliaria Diego Abbo, presidente dell’associazione “La dignità in uniforme”, attivo nel segnalare episodi di mala gestio tra le stellette.
Trovandosi a discutere su Facebook in merito alla vicenda di un collega, viene a scoprire che la dirigenza dell’associazione nazionale italiana di ex combattenti e militari della Marina Militare italiana (Anmi) contrariamente a quanto prevede lo statuto, sembra percepire uno stipendio mensile.
Non solo. Analizzando i bilanci sostiene che “buona parte delle quote incassate dai soci viene destinata a fini privati e non istituzionali”. Insomma, si tratterebbe “di irregolarità amministrative e fiscali di rilevanza penale: dall’evasione fiscale alla frode ai danni degli associati, passando per un probabile danno erariale”.
Se così è, come mai nessuno ha vigilato? Quante altre associazioni di militari ed ex militari, fruitrici di fondi pubblici, condividono questo atteggiamento? Anche perché, facendo un rapido calcolo tra iscritti e quote associative, “parliamo di realtà che possono arrivare ad avere un bilancio contabile complessivo di circa 20 milioni di euro”. Mica pochi.
Per aver sollevato la questione e aver chiesto l’accesso agli atti, il contrammiraglio Abbo è stato querelato ed espulso dall’Anmi. Ma non si è lasciato intimidire. Al contrario. Ora chiede un incontro con la ministra Trenta per illustrarle la questione, portando con sé tutte le prove del caso. Così che si faccia pulizia dei soliti corrotti in seno alla categoria.