Difesa/D’Alema mercante d’armi: il “pugno di ferro” di Bono e i silenzi di Profumo

A tre settimane dallo “scoop” di Sassate sul nuovo mestiere di “broker” di sistemi d’arma di Massimo D’Alema (e della devastante inchiesta a puntate de “La Verità”, che ha definitivamente scoperchiato le sconcertanti avidità del Lider Maximo e compagnia cantante), qualcosina si muove. I cuor di leone di Repubblica finalmente ammettono che la poltrona di Profumo traballa, Nicola Porro fa sentire in tv le tronfie conversazioni di D’Alema, Dagospia aggiunge che forse il segretario del Pd Letta l’ha scaricato e la sinistra in concorrenza con LeU si arrischia perfino a presentare un’interrogazione. Un po’ poco per uno scandalo di queste proporzioni, ma bisogna accontentarsi. Per ora.

Ma Leonardo e Fincantieri, in attesa che ci sia uno di quei pm che vedono i reati solo a destra e sia disposto a muoversi, che fanno? Ecco, questo quesito merita di essere approfondito. Perché, malgrado l’audit disposto dal presidente Carta (silenzio di tomba sui primi risultati), “Arrogance” Profumo continua a tenere strettamente sotto controllo e a “silenziare” quasi tutti i media. Solo il tanto bistrattato Giuseppe Bono (portato in palmo di mano all’estero, ma che ora -secondo i giornaloni- dovrebbe passare la mano solo per motivi anagrafici), è andato giù duro all’interno dell’azienda. Prima ancora che si rendesse necessario l’audit del presidente Massolo sulla regolarità delle procedure, ha inciso col bisturi sull’operato del suo DG, Giordo. E grazie ai rapidi accertamenti, svolti dall’ufficio legale interno, ha già fatto chiarezza sui retroscena dell’”affaire” inviando un report dettagliato all’azionista di controllo CdP e al MEF. E cosa dice il documento?

1) che l’AD era stato informato soltanto sommariamente (e pure in ritardo) della trattativa messa in piedi con D’Alema e Profumo per i sistemi d’arma da vendere alla Colombia;
2) che Bono, finalmente messo al corrente del coinvolgimento del Lider Maximo, mise in guardia Giordo dall’utilizzare canali non istituzionali (come quello peraltro già esistente e curato dal sottosegretario Mulè), autorizzando una mera trasferta “esplorativa” nel paese sudamericano;
3) che l’AD di Fincantieri non fu informato del fatto che sarebbe stato firmato un MoU, sottoscritto da due oscuri capitani di fregata, oltretutto in pensione; scavalcando così l’autorità ufficiale che già stava trattando con l’Italia.

E siccome Bono non ama questo genere di comportamenti e reticenze, ha comunicato al MEF (e all’azionista CdP) di aver provveduto a sospendere fino a nuovo ordine le trasferte di Giordo e contestualmente avviato un’iniziativa disciplinare nei suoi confronti.
Resta ora da accertare, da parte del governo, se in seno all’alleanza Profumo-Giordo (con o senza D’Alema) esistano altri retroscena inesplorati. Tipo possibili intese per la soluzione del problema Oto Melara-Wass.
Una vicenda che interessa anche Rheinmetall, il cui CEO Armin Papperger ha formulato proprio nei giorni scorsi un’interessante proposta veicolata in un’intervista al Sole24Ore. E che avrebbe meritato maggiore attenzione dai distratti (ma quando si toccano temi sgraditi a Profumo, è sempre così) media italiani.

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