Difesa, lo strano silenzio sulle accuse del generale Vannacci all’ammiraglio Cavo Dragone sull’uranio impoverito in Iraq

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La sassata, questa volta, l’hanno lanciata pochi giorni fa “Il Fatto” ed il Tg collegato “Sono le 20”. Rivelando un duplice esposto-denuncia alla Procura romana e a quella militare sulle presunte carenze, in tema di salute e sicurezza a proposito  di uranio impoverito, per i nostri militari impegnati in Iraq tra il 2017 ed il 2018. Nella parte di Davide, c’è un brillante e stimato generale dei Corpi Speciali dell’esercito ed ex-comandante dei parà della Folgore, Roberto Vannacci. In quella del gigante Golia, ci sono i vertici politici e militari delle nostre Forze Armate; ed in particolare il capo di Stato Maggiore della Marina, l’altrettanto stimato ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, a quel tempo responsabile del COI (Comando Operativo Interforze). Vannacci, in quegli anni, era un martello. Come comandante del contingente e italiano e numero due della coalizione  anti-ISIS, almeno una volta a settimana, denunciava per iscritto al COI “l’uso su larga scala di uranio impoverito in Iraq…dalle 300 alle 450 tonnellate, quantità 30 volte superiore a quella impiegata nei Balcani” tra il ’94 ed il ’99. Ma la struttura guidata da Cavo Dragone (attraverso il generale dell’Aeronautica Roberto Boi) escludeva qualsiasi possibilità di pericolo per la salute e la sicurezza dei soldati impiegati nella missione.  Non basta. Nei suoi esposti, Vannacci accusa poi direttamente l’attuale CSMM di aver mentito davanti alla Commissione Parlamentare Scanu circa la durata delle missioni: non 4/6 mesi, ma anche 9, quindi con rischi maggiori per la salute. Conclusione: avendo ricevuto soltanto al termine del suo incarico in Iraq la più volte sollecitata qualifica di “datore di lavoro”, il generale non vuole correre il rischio di essere chiamato a rispondere in prima persona delle eventuali conseguenze sanitarie dei suoi sottoposti circa l’uso di uranio impoverito nel teatro di operazioni. Una gran brutta storia. Su cui, però, c’e’ stranamente un silenzio inquietante. E se per caso provi ad approfondire la questione, non riesci ad avere risposte esaurienti. Eppure si sa per certo che Vannacci, ne aveva parlato personalmente sia con la ministra Elisabetta Trenta che con il proprio capo di Stato Maggiore, il generale Salvatore Farina. Ora, promosso a due stelle, sembrava che Vannacci dovesse diventare addetto militare a Mosca. Invece, esploso il “caso Iraq-uranio impoverito”, pare  finisca per essere destinato ad un incarico “minore”, allo Shape vicino Bruxelles. Ma forse sono solo -si spera- delle malignità.

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