Difesa, quello sconcertante “via libera”di Cavo Dragone ad un generale turco alla guida del contingente NATO in Kosovo
Arriva ottobre e crescono le preoccupazioni per situazione in Kosovo. L’Italia si accinge a perdere il comando del KFOR a vantaggio della Turchia, sempre più invadente nei Balcani da una parte e in Azerbaigian dall’altra. Il generale Michele Ristuccia sta infatti per essere sostituito da un parigrado di Ankara (quindi, oltretutto musulmano) , dopo che per otto anni l’incarico era sempre stato affidato alla nostra nazione, tranne una breve parentesi ungherese.
Questo nel momento in cui la Serbia ha chiesto alla forza NATO di assumere il controllo dell’area nord del Kosovo. E che Belgrado accusa proprio la Turchia di sostenere (anche militarmente) Pristina.
La nomina di un generale turco, insomma, non sembra proprio la mossa più azzeccata per evitare ulteriori polemiche sui compiti del KFOR, attualmente in discussione a Bruxellles.
Ma come ci si è andati a cacciare in questo intrigo di cui certo non si sentiva il bisogno? Qui il mistero è fitto. Anche se le fonti NATO accreditano la versione di una decisione adottata esclusivamente in sede militare e non politica.
Per l’Italia, insomma, il via libera al comando turco sarebbe arrivata dal CSMD, l’ammiraglio Cavo Dragone, appena promosso al vertice del NATO MILITARY COMMITTEE, ma a quanto pare senza preventiva consultazione con la premier Meloni, il vicepremier e ministro degli Esteri Tajani e lo stesso ministro della Difesa, Crosetto.
Se questo fosse vero, l’Italia si sarebbe resa protagonista di un clamoroso autogol, che ora rischia di ingarbugliare ancora di più la già difficile situazione del Kosovo. Perché è chiaro che la Serbia sarà molto poco propensa a negoziare con i peacekeeper dell’Alleanza Atlantica guidati da un generale turco.
E pensare che a Palazzo Chigi, c’è un consigliere militare, il generale Franco Federici, che conosce perfettamente cosa sta accadendo in Kosovo, avendo guidato a sua volta il KFOR.
Si rischia seriamente, insomma, di compromettere quanto di buono ha fatto l’Italia in questi anni, facendo registrare l’apprezzamento unanime di tutti i paesi interessati, Serbia e Kosovo compresi. La professionalità dimostrata dai nostri militari impegnati nella missione multilaterale ha sempre avuto i massimi riconoscimenti. Non a caso, sono stati numerosi -anche se passati sotto silenzio da parte dei media- gli episodi in cui gli italiani hanno mediato con successo tra le parti, evitando che queste entrassero in contatto, con il rischio concreto che si scatenasse un conflitto dagli esiti imprevedibili.
Quanto accaduto, invece, lascia l’amaro in bocca per tanti motivi. Innanzitutto perché le mire della Turchia sul KFOR erano note da tempo (e quindi facilmente disinnescabili preventivamente) e poi perché sarebbe stato più opportuno -se proprio quel comando non poteva più essere confermato nella guida italiana- scegliere almeno un alto ufficiale di estrazione ugualmente “super partes”.
Qualcuno ne chiederà conto a Cavo Dragone, che già il 7 giugno scorso (come documentato da Sassate) si era reso protagonista di un’invasione di campo nei confronti della governo e della politica a proposito della guerra in Ucraina?