Editoria: il “crocerossino” Dini non riesce a trovare acquirenti per Repubblica e Stampa, ma e’ disperato soprattutto per le sorti del Domani

Editoria: il “crocerossino” Dini non riesce a trovare acquirenti per Repubblica e Stampa, ma e’ disperato soprattutto per le sorti del Domani

04 dicembre 2024

L’hanno soprannominato “La Croce Rossa della sinistra editoriale”, ma per il momento la sirena suona a vuoto e l’ambulanza non trova ospedali disponibili. Né per la vendita “a pacchetto” di Repubblica e Stampa, né tantomeno per strappare dal coma il Domani.

E ora Francesco Dini, cui John Elkann e Maurizio Scanavino per GEDI e Carlo De Benedetti per la sua creatura hanno affidato l’ingrato compito, non sa più che pesci pigliare.

Nel suo ufficio romano a due passi da piazza Barberini, il “crocerossino” continua a fare incontri con possibili acquirenti delle tre testate, ma senza riuscire ad intavolare trattative concrete.

Per Repubblica e Stampa qualche timida manifestazione d’interesse c’è stata, ma di fronte alla “conditio sine qua non” posta da GEDI di un acquisto di entrambe le testate, tutti gli interessati ringraziano e si ritirano in buon ordine.

Ancora più impossibile appare il tentativo di salvare il Domani, i cui conti sono gravati da un “rosso” profondo e da una redazione composta da 16 ricchi articoli 1 (più tutta una pletora di collaboratori altrettanti ben pagati) che fanno fuggire a gambe levate i possibili candidati a rilevare la testata.

Carlo De Benedetti ormai è rassegnato e pensa soprattutto a superare i guai di salute che lo affliggono. E a Dini ha dato carta bianca per trovare una qualsiasi soluzione che gli consenta di liberarsi di questo peso.

La via d’uscita ipotizzata ora dal “crocerossino” è quella di regalare la testata ad una cooperativa che i redattori dovrebbero costituire, per poter poi accedere ai contributi previsti dalla legge.

Ma c’è un ma. I contributi non potrebbero arrivare prima di un paio d’anni e quindi De Benedetti dovrebbe farsi carico di almeno un’altra quindicina di milioni, dal momento che il Domani perde 7,5 milioni l’anno.

Certo, per lui sono quisquilie… ma altre strade possibili non se ne intravedono.

E poi è tutto da vedere che i redattori accettino l’ipotesi della cooperativa, che li costringerebbe in ogni caso ad un pesante taglio dei ricchi stipendi ottenuti grazie alle forsennate campagne di stampa contro quasi tutti i ministri del governo Meloni.

D’altra parte, l’alternativa è la chiusura del giornale e l’addio a quella manleva che per ora li garantisce dalle querele e dalle cause per danni maturate grazie a certi spregiudicati metodi “investigativi” (vedi inchiesta di Perugia su Striano e dintorni).