Ex-ILVA e industria in crisi: il fallimento della gestione Urso

Ex-ILVA e industria in crisi: il fallimento della gestione Urso

11 settembre 2025

Il sipario sta calando sull’ennesima illusione targata Adolfo Urso. Dopo mesi di proclami, conferenze stampa e promesse di “rilancio green” dell’ex Ilva di Taranto, la realtà presenta oggi un conto salatissimo: il consorzio azero guidato da Baku Steel e Azerbaijan Investment Company ha ufficialmente gettato la spugna, comunicando ai commissari straordinari la decisione di non partecipare alla fase finale della gara per l’acquisizione degli asset. Sul tavolo restano solo due candidati, Jindal e Bedrock, riducendo così le opzioni e alimentando il rischio di uno spezzatino industriale che potrebbe segnare la fine della più grande acciaieria europea come polo integrato.

Il caso ex Ilva è la cartina di tornasole di una politica industriale inesistente, fatta di slogan e tavoli interminabili ma priva di strumenti concreti. A denunciarlo, oggi, non sono solo i sindacati o le opposizioni, ma la stessa Federmeccanica, che nel suo ultimo report lancia un grido d’allarme: nei primi sei mesi del 2025 la produzione metalmeccanica è crollata del 4,3%, peggio della media dell’industria (-2,8%).

Ancora più preoccupante il dato sull’export verso gli Stati Uniti, in calo del 6,1%, un segnale chiarissimo degli effetti della guerra commerciale scatenata da Trump con dazi fino al 50% su acciaio e alluminio e su tutti i beni che li contengono, dai motori alle pompe industriali.

La verità è che l’Italia sta pagando il prezzo di una totale assenza di visione strategica. L’ex Ilva, anziché diventare il simbolo di un nuovo modello di industria green, rischia di trasformarsi nel monumento all’inconcludenza di chi, come Urso, ha preferito inseguire facili slogan alimentati da un cerchio magico assolutamente non in grado di gestire dossier di politica industriale.

Con un settore metalmeccanico in caduta, esportazioni in crisi e la più grande acciaieria europea sull’orlo dello smembramento, non c’è più tempo per slogan e conferenze stampa.

È certamente un’ottima notizia che i rendimenti francesi siano oggi in linea con quelli italiani: una dinamica resa possibile anche dalla politica responsabile del Governo Meloni. Ma sarebbe un grave errore cadere nella compiacenza. Il rischio contagio dalla crisi francese rimane alto. Il ritorno dalle ferie è stato molto deludente per l’industria. Dalla Germania non arrivano segnali di ripartenza. È solo questione di tempo prima di essere trascinati al ribasso.

Occorre lavorare per ridare slancio all’economia reale con una politica industriale vera che sappia costruire una visione di lungo periodo.