
Ex Ilva, la disfatta di Urso: mentre Jindal punta sulla Germania, Taranto affonda verso lo spezzatino
Il disastro dell’ex-Ilva non conosce fine. Con la richiesta ufficiale di aumentare a 4.450 i lavoratori in Cassa Integrazione, di cui 3.803 solo a Taranto, siamo di fronte all’ennesima conferma di un fallimento totale. Mentre migliaia di famiglie vengono gettate nel baratro dell’incertezza, il ministro Urso continua a fare proclami vuoti, parlando di piani di rilancio e decarbonizzazione che non esistono se non nelle sue conferenze stampa.
La realtà è ben diversa: i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia, nominati dal governo, si sono dimostrati incapaci di prendere decisioni concrete e di gestire un impianto strategico per l’Italia e l’Europa. Il loro immobilismo sta portando dritti verso lo smantellamento a pezzi dell’ex Ilva, con la prospettiva di una svendita al miglior offerente, come già avvenuto in altre grandi crisi industriali italiane.
E mentre Taranto affonda, in Germania succede l’esatto contrario. Jindal Steel, colosso siderurgico indiano, ha presentato un’offerta per acquisire Thyssenkrupp Steel Europe, ricevendo addirittura il plauso dei sindacati tedeschi, che hanno definito l’ingresso di un gruppo orientato alla crescita come una “buona notizia per i lavoratori”. Questo è il paradosso: Jindal era stato l’unico gruppo ad aver presentato un piano industriale serio per l’ex Ilva, ma Urso e i suoi commissari sono riusciti a farlo scappare, preferendo restare intrappolati nella palude delle chiacchiere e della burocrazia.
Il confronto è impietoso: mentre la Germania lavora per consolidare la propria industria dell’acciaio con investitori strategici, l’Italia si limita a gonfiare le cifre della Cassa Integrazione e a organizzare tavoli di crisi che non portano a nulla. Urso ha trasformato una possibile rinascita in una lenta eutanasia industriale.
Il copione è ormai chiaro. L’ex Ilva viene lasciata morire giorno dopo giorno, senza produzione, senza investimenti, senza un futuro. Una strategia che prepara il terreno per la svendita finale, lo “spezzatino” tanto temuto da lavoratori e sindacati. Taranto, intanto, paga il prezzo più alto: quello di una politica incapace di difendere un asset strategico, mentre i competitor internazionali si rafforzano.
Quando i cancelli dell’ex Ilva si chiuderanno, Urso potrà pure continuare a parlare di “piani” e “progetti”, ma sarà troppo tardi: avrà sulla coscienza la distruzione di un colosso industriale e di un’intera comunità. E i lavoratori sapranno bene chi ringraziare per il tradimento subito.
LA SASSATA

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