GEDI: non potendo più la FIAT spillare soldi allo Stato, ora i suoi giornali sparano a zero sul governo grazie alle loro “fonti” fasulle
“Repubblica” e “Stampa” (il “Corriere della Sera“ ora un po’ meno) ormai sono in gara a chi la spara più grossa contro il governo di centrodestra democraticamente scelto dagli elettori. Ma almeno i rispettivi editorialisti hanno il coraggio di firmarsi e assumersi le responsabilità delle loro “sparate”.
Poi, però, ci sono i giornalisti frustrati. Quelli che aspirano anche loro a mettersi in luce e proporsi come futuri commentatori: notisti e cronisti politici, inviati e corrispondenti dall’estero. Dovrebbero riportare solo notizie e dichiarazioni, al massimo “tagliare” i pezzi in un certo modo. E basta.
Invece, no. Per rendersi più meritevoli agli occhi dei direttori, fanno finta di aver scovato delle “fonti” esclusive capaci di portare acqua distillata al mulino antigovernativo. Peccato che si tratti regolarmente di “fonti” anonime, di cui va garantito il segreto sull’identità per evitare conseguenze. Nascono così ogni giorno decine e decine di articoli caratterizzati da presunte “quinte colonne” all’interno dell’esecutivo (e dei partiti di maggioranza) che non vedevano l’ora di criticare ministri, sottosegretari e leader “scomodi”.
Qualche esempio? “Dice un alto dirigente di FdI…confida uno strettissimo collaboratore di Y…si lascia scappare una persona vicinissima alla Meloni…etc etc”.
L’apoteosi la raggiunge Repubblica quando in prima pagina rivela che certi giudizi contro la premier non sono del giornalista, ma addirittura di “un autorevole esponente diplomatico di un paese nordico”. Non è meraviglioso?
Ecco, queste sono le cosiddette cronache politiche inzeppate di fonti fasulle (almeno nove volte su dieci, ad essere generosi) dei giornaloni del Gruppo GEDI, i media di quella FIAT che per decenni ha offerto ai lettori un’informazione accuratamente paludata nei confronti di tutti i governi della Repubblica, quegli stessi governi che era opportuno tenersi buoni per poter poi battere cassa nei momenti di crisi. Dio solo sa quante volte è successo, veto famiglia Agnelli?
Adesso non servono più, il grande gruppo automobilistico è emigrato (in tutti i sensi, anche fiscali) all’estero e quindi si può dare libero sfogo alla faziosità politica più becera. E non si corrono rischi di rappresaglie.
Calano le copie? Amen. Vuol dire che si ridimensioneranno le redazioni, gli uffici e le tipografie. Tanto c’è il web che aspetta tutti a braccia aperte. E lì l’orgia dei linciaggi grazie all’anonimato già raggiunge da tempo vette impensabili.