GSE: i soldi ci sono solo per i dirigenti, non per il “call center”; e con il caro-bollette il sistema va in tilt
Guido Paglia
Visto che non ci riesce l’amministratore unico Andrea Ripa di Meana a mettere ordine all’interno del GSE, forse sarebbe il caso che si muovesse qualcuno del MEF o della Transizione Ecologica. Perché con le bollette dell’energia elettrica che stanno schizzando alle stelle (e il prevedibile peggioramento delle tariffe dovuto alla guerra in Ucraina), non è tollerabile che sia praticamente impossibile dialogare con questo fantomatico Gestore dei Servizi Energetici.
E allora sarà il caso di raccontare qualcosina. Per esempio, che a fronte dei 15 miliardi di euro garantiti dallo Stato, una bella fetta di questo denaro serve per retribuire principescamente i suoi dirigenti. Con un’anomalia che è tipica di un carrozzone cresciuto con i criteri non certo meritocratici della vituperata prima repubblica. Si da’ il caso, infatti, che al GSE ci siano quattro capi dipartimento a cui viene riconosciuto il trattamento retributivo massimo (previsto per i dirigenti statali) di 240mila euro. Peccato che sotto questi vertici ci siano svariati dirigenti-direttori che portano a casa la medesima retribuzione. Oltretutto, a prescindere se da loro dipendano tre o trenta quadri e impiegati. Per non parlare del fiume di denaro degli incarichi esterni…
E veniamo al problema del contatto con privati, aziende, Comuni alle prese con normali disservizi ma anche alle prese con la tanto strombazzata transizione verso un’energia ecologica. Su questo, casca l’asino. Visto che c’era un ottimo “call center”, affidato ad eccellenti professionisti, che è stato gradualmente smantellato per via giudiziaria. Solo perché i 72 addetti, dopo anni e anni di sfruttamento e di contratti a termine, si erano rivolti alla magistratura del lavoro, chiedendo la stabilizzazione dell’inquadramento. Orrore, scandalo. E grazie agli efficienti e superpagati studi legali esterni, l’offensiva è praticamente fallita, grazie ad una serie di sentenze contraddittorie. Se si tratta di retribuire buona parte dei dirigenti di primo, secondo e terzo livello con stipendi da favola, non si possono certo poi sistemare i poveracci che tutti i giorni fanno da filtro e se la devono vedere con gli imbufaliti clienti. Ecco, questa per sommi capi è la situazione all’interno del GSE che Ripa di Meana, scelto da Draghi e Franco per mettere ordine, non sta risolvendo. Malgrado per un raccomandato come lui si sia fatto ricorso al ruolo dell’amministratore unico, senza cioè il contrappeso di un CdA “impiccione”. Bene, ha avuto tutto il tempo per dimostrare le sue doti di supermanager, ma visto che di risultati non se ne vede l’ombra, sarebbe il caso che tirasse le conseguenze. O che quantomeno qualcuno dal MEF o dal dicastero della Transizione Ecologica (da cui dipende) gli facesse arrivare una salutare strigliata. Troppo?