Il delitto perfetto: come hanno ucciso l’Ilva per salvare il rottame

Il delitto perfetto: come hanno ucciso l’Ilva per salvare il rottame

27 ottobre 2025

L’intervista del presidente di Federacciai Antonio Gozzi, pubblicata oggi sul supplemento economico di Repubblica, Affari & Finanza, ha fatto saltare più di qualcuno sulla sedia nella filiera siderurgica italiana. Non tanto per le solite litanie sulla “difesa del rottame”, quanto per una frase che suona come una clamorosa ammissione.

Gozzi dice testualmente: “Siamo contrari a tutti i progetti di nuovi forni elettrici in Italia che non prevedano il DRI. Il mercato nazionale dispone di 20-21 milioni di tonnellate di rottame, ma non bastano. Circa 7 milioni li importiamo. Se aggiungiamo altra domanda di rottame, facciamo esplodere il prezzo e mettiamo a rischio l’elettrosiderurgia italiana ed europea.”

Traduzione: Taranto non doveva ripartire, perché avrebbe fatto salire il prezzo del rottame, cioè la materia prima dei produttori del Nord.

E allora, la soluzione? Imporre al povero impianto ex-Ilva un piano a DRI, cioè con preridotto di ferro, un progetto costosissimo e del tutto insostenibile per qualsiasi investitore privato.

E il ministro Adolfo Urso, anziché difendere la logica industriale e nazionale, non ha battuto ciglio, accettando un piano impossibile solo per non far arrabbiare Federacciai.

Il risultato? Ilva è morta per sempre.

La nota tragica è che Taranto, da sola, non avrebbe provocato alcun terremoto nei prezzi, se il Governo avesse avuto il coraggio di dare priorità alla sua riconversione invece di favorire l’investimento ucraino a Piombino, un progetto ben più discutibile sia sotto il profilo industriale che geopolitico.

Da tempo “Sassate” sostiene che il mercato italiano non può assorbire contemporaneamente Taranto e Piombino. Ma Urso ha scelto la via più comoda: tenere buona Federacciai, sacrificando sull’altare del consenso corporativo quello che resta della più grande acciaieria d’Europa.

Il paradosso è che a farlo non è stato un ministro dell’Ambiente o un burocrate di Bruxelles, ma proprio il Ministro del “Made in Italy”, cioè colui che dovrebbe difendere la produzione industriale nazionale. Boh…