
Il tramonto di Confindustria, tra le millanterie di Orsini e l’alleanza strisciante con Gozzi sui costi energetici
Strano personaggio questo Emanuele Orsini. Nel giro di un anno da presidente di Confindustria è riuscito a collezionare brutte figure a ripetizione. Malgrado ciò si è montato la testa e va in giro a destra e a manca a millantare di avere in pugno nientemeno che la presidente del Consiglio. E quando qualcuno lo guarda esterrefatto, se ne esce con una delle sue frasi preferite: “Tanto la Meloni fa quello che le dico io…vedrete alla prossima assemblea!”
L’ultima performance, quella che gli sta più a cuore di questi tempi, riguarda il tema del costo dell’energia. Grazie alla quale scarica ogni responsabilità sulle aziende produttrici di elettricità. A cominciare dall’ENEL, accusata (ma solo sottobanco, eh) di mentire sulle bollette, per proseguire con tutte le altre. Cavalcando stranamente le stesse tesi della Federacciai del suo vecchio rivale (nella corsa al vertice di viale dell’Astronomia) Antonio Gozzi, il “patriota” (vedi Sassate precedenti).
Ricostruiamo un po’ nel dettaglio come stanno davvero le cose, a prescindere dalle bugie sul caro-bollette.
Un esempio su tutti è la partita sull’Energy Release di cui -appunto- Sassate si è già occupata.
Il provvedimento è lo strumento di incentivazione pensato dal MASE per diminuire costi energetici dei clienti industriali, e allo stesso tempo incentivare lo sviluppo delle rinnovabili.
I clienti “energivori“, singolarmente o in aggregato, accedono allo schema ricevendo energia a prezzo agevolato tramite CFD con il GSE per 3 anni, impegnandosi a realizzare la capacità rinnovabile (costruire impianti) per restituirla nei successivi 20 anni.
Invece di plaudire all’ennesimo aiuto da parte del Governo (dopo l’Interconnector e l’Interrompibilità) che cosa fa il buon Gozzi? Accusa quelli che lui chiama rinnovabilisti — che non sono solo i piccoli pionieri del fotovoltaico, ma anche colossi come Enel, Edison, A2A, Hera — di essere contrari al famoso “disaccoppiamento” del prezzo dell’elettricità da fonte fossile rispetto a quella da fonte rinnovabile.
Dietro lo sfogo di Gozzi, più che l’interesse per le sorti delle famiglie italiane o delle PMI, si intravede il fastidio proprio per l’Energy Release 2.0, cioè quella cosa per cui il GSE ha messo a disposizione 24 TWh di energia rinnovabile a prezzo calmierato.
Energia che nella testa di Gozzi dovevano rimanere appannaggio delle acciaierie ma che invece verrà ora distribuita anche ai “rinnovabilisti”. I produttori di energia, si sono infatti organizzati in pool, portando con sé le PMI e sottraendo così — orrore! — energia a basso costo alle acciaierie, che già la davano per conquistata come una colonia d’Africa.
In pratica: chi agisce per ridurre i costi dell’energia viene dipinto come un sabotatore dell’economia nazionale, mentre chi vorrebbe l’energia di Stato solo per sé, in nome della “produzione strategica”, si autodefinisce patriota.
È la solita sceneggiata all’italiana: patriottismo quando fa comodo, liberalismo quando si incassa, statalismo quando si soffre, vittimismo quando si perde.
Ma non è finita qui. L’atteggiamento di Gozzi avrebbe provocato tanti altri mal di pancia tra le imprese italiane escluse dal provvedimento.
Alcune sarebbero talmente imbufalite da aver ora sollecitato sulla questione la stessa Bruxelles.
E ora, stando a quanto risulta a Sassate, la Commissione avrebbe acceso un faro sul provvedimento per presunte violazioni della normativa sugli aiuti di Stato.
Il risultato è che oggi è tutto fermo. Il GSE non ha comunicato gli esiti della procedura, in termini di allocazione definitiva delle quantità, rischiando di lasciare tutti, acciaierie e aggregatori, a bocca asciutta.
Bravo Gozzi, non c’è che dire.
E bravo anche il presidente di Confindustria Orsini, che invece di essere “super partes” gli regge il sacco. Convinto di avere l’appoggio incondizionato perfino di Palazzo Chigi.