Inchiesta SOGEI-DEAS, una storia giudiziaria italiana da studiare attentamente

Inchiesta SOGEI-DEAS, una storia giudiziaria italiana da studiare attentamente

08 marzo 2025

Adesso che la polvere si sta finalmente posando, e’ il caso di dedicare una lunga Sassata alla vicenda SOGEI-DEAS e agli squallidi retroscena che hanno accompagnato in questa settimana una campagna di stampa su un’inchiesta basata sul nulla.

Cominciamo dall’inizio. Martedì mattina, come al solito di buon’ora, non meno di un centinaio di militari della Guardia di Finanza, si presentano a perquisire le abitazioni e gli uffici di Cristiano Cannarsa, AD di Sogei (in precedenza di Consip) e di Stefania Ranzato, Amministratrice e proprietaria della DEAS (Difesa e Analisi Sistemi).

Cannarsa e’ un manager pubblico di grande esperienza, stimato da tutti e mai neppure sfiorato da inchieste giudiziarie.

Ranzato e’ una giovane e brillante imprenditrice che opera da anni con successo nel campo della cybersecurity, vincendo importanti gare pubbliche -il più delle volte consorziandosi con colossi informatici, ma anche da sola- anche lei senza finire invischiata in indagini di sorta.

La sua azienda e’ un’eccellenza italiana, certificata, con competenze tecnologiche uniche, al servizio della Difesa e della sicurezza nazionale. In altri paesi dell’Occidente, sarebbe considerata “intoccabile”.

Bene, dal decreto di perquisizione salta fuori che la Procura della Repubblica di Roma procede per il reato di “tentato peculato”, un’ipotesi di partenza quantomeno fumosa e di difficile reperimento nella giurisprudenza.

Risultati dell’ondata di perquisizioni: zero, zero carbonella.

Ma è il punto di partenza di tutta l’operazione che lascia subito basiti: le dichiarazioni dell’ex-Dg di Sogei, Paolino Iorio, un manager corrotto arrestato in flagrante mentre intascava una “bustarella” di 15.000 euro. Talmente corrotto, che quasi subito confessa di averne incassati altri 20.000. Non basta: nella sua abitazione, la GdF sequestra ulteriori contanti per 100.000 euro.

Licenziato in tronco da Cannarsa, decide di vendicarsi. E soprattutto di fornire dichiarazioni che possano spingere i pm ad accettare una modestissima richiesta di patteggiamento: tre anni. Che stranamente ha già ottenuto il parere favorevole dei rappresentanti dell’accusa.

Così, afferma che l’AD di Sogei ha tentato di obbligarlo ad accettare una proposta targata Deas del valore complessivo di oltre 1,5 milioni quando -secondo lui- quel lavoro poteva benissimo essere fatto all’interno dell’azienda con un costo non superiore ai 200 mila euro.

Peccato che quella non fosse affatto una proposta formale, ma solo una bozza modificabile e che comunque alla fine, viene accantonata, cioè l’affare non si concretizza.

Per rendere più credibile la sua bugia, Iorio aggiunge che il movente della faccenda va individuato in una presunta relazione sentimentale tra Cannarsa e Stefania Ranzato. E giu’ particolari sui loro incontri, buona parte dei quali “de relato” (ma senza che i pm si degnino di identificare le “fonti” anonime).

Per finire, il corrotto ex-DG, aggiunge che i rapporti tra il suo AD e l’amministratrice della Deas erano così stretti che Cannarsa si era anche speso per trovare un acquirente per l’azienda della Ranzato.

Questi gli elementi per tenere in piedi l’ipotesi di reato del tentato peculato.

E poiché i pm (ben due “aggiunti” e altrettanti sostituti “semplici”) sanno perfettamente di non poter più contestare solo l’eventuale (ma abolito) abuso in atti d’ufficio, provano a percorrere questa sconcertante “strada alternativa”.

Pazzesco. Ma più che sufficiente per far scatenare una campagna di stampa a sostegno della Procura, condita di tutti i possibili e più ripugnanti stralci dei verbali di Iorio e casualmente -certo, come no- fatti arrivare ai famosi “giornalisti d’inchiesta” del Domani e del Fatto Quotidiano. E puntualmente rilanciati con aggiunte ancora più ributtanti da Dagospia.

Passati i primi giorni, i cronisti giudiziari più avveduti si rendono conto che l’inchiesta e’ costruita sul nulla e si ritirano in buon ordine. Interrompendo il massacro mediatico a sfondo misogino e sessista della Ranzato, trasformata da manager perbene e accreditata in tutta la PA in una sorte di “ape regina” che ha fatto carriera e raggiunto certi fatturati solo per meriti di letto (femministe di tutti i colori, in assordante silenzio).

E qui si aprono i retroscena più inquietanti. Perché il trio editoriale Domani-Fatto Quotidiano-Dagospia gettano la maschera, puntando sulle amicizie della Ranzato e facendo capire che l’obiettivo finale è arrivare al ministro della Difesa, Guido Crosetto.

Qualcuno dei segugi, di quelli per esempio finiti indagati per le intrusioni informatiche scoperchiate proprio da Crosetto (ricordate il giudice Laudati e il luogotenente della GdF Striano?), hanno il dente avvelenato per lo sputtanamento e parlando con amici e colleghi non lo nascondono: il “target” privilegiato è proprio il titolare di Palazzo Baracchini.

Quindi: la Ranzato ha un rapporto di stima da parte di Crosetto? E allora giù paginate e pezzoni per cercare di raggiungere l’obiettivo. La Ranzato e’ amica del CSM della Marina, l’ammiraglio Enrico Credendino? E allora ecco un altro anello della catena sospetta.

Cosa c’è dietro la concessione della caserma della MM di Sant’Alessandro?

Non c’è assolutamente nulla di sospetto, ma intanto si evita di spiegare che Credendino non c’entra perché a stilare l’accordo fu il suo predecessore, l’ammiraglio Cavo Dragone.

Come mai Credendino fece da relatore ad un convegno della Deas al CASD? Perché c’erano, oltre a lui, anche gli altri CSM dell’Esercito e dell’Aeronautica. Ma questo particolare e’ meglio non rivelarlo. E avanti così per tutta la settimana.

E l’inchiesta per il tentato peculato? Ma chissenefrega, l’importante è puntare sempre più in alto della Ranzato, ormai “vittima sacrificale” di questa vicenda basata sul nulla.

Così impara ad aggiudicarsi certi appalti e a coltivare certi collegamenti istituzionali.

Già, ma ora, con un’azienda sotto indagine per la 231, non potrà più partecipare alle future gare e magari di vedersi bloccare i contratti in essere, rischiando la stessa esistenza.

E chissenefrega un’altra volta, se la sbrighino i magistrati inquirenti (che intanto, per fare in fretta, intendono scartabellare tutti gli appalti di Consip nel periodo in cui Cannarsa era l’AD), appartenenti ad un’altra categoria con il dente avvelenato nei confronti dell’attuale governo.

Ecco la storia italiana. Ma non vi preoccupate, non finisce qui: vedrete che presto Sassate dovrà scrivere altre puntate.