La nemesi filonazista del 25 aprile
Oramai, così come si è strutturata negli anni, il 25 aprile è una festa non solo divisiva per gli italiani, ma da abolire completamente dal punto di vista degli ebrei.
A partire da quelli della Brigata ebraica che – già al sicuro nelle terre che poi sarebbero diventate lo stato di Israele – vennero a morire in Emilia per aiutare gli alleati a liberare l’Italia dal nazifascismo.
Ma qui da noi oramai da anni la Resistenza viene strumentalizzata sub speciem di terzo mondismo guerrigliero. E così ecco i filo cubani, i palestinesi anti israeliani, un tempo anche i vietcong.
Una pagliacciata assurda che sembra avere a cuore solo la guerriglia un tempo filo-guevarista e oggi filo jihadista islamica. Paradossale il caso dei pro Hamas – veri e propri islamo-fascisti – che scendono in piazza ogni anno, a Roma come a Milano, per darsele di santa ragione contro i loro nemici sionisti della Brigata ebraica.
I nipotini ideali del Gran Muftì di Gerusalemme Amin al Husseini – zio paterno di Arafat – cioè il fondatore delle Ss islamiche, amico personale di Hitler, l’uomo che chiese a Mussolini di avvelenare l’acquedotto di Tel Aviv (ma il Duce non acconsentì), che accusano di “sionismo fascista” coloro che parteciparono davvero alla lotta di liberazione.
Il solito mondo alla rovescia che in Italia trova un propulsore formidabile nel grillismo imperante. Quest’anno però l’Anpi si era fatto garante che la Brigata ebraica potesse partecipare senza incidenti alle manifestazioni romane e aveva subito aderito entusiasta la sindaca Virginia Raggi, più che ansiosa di rifarsi il look dopo i disastri dell’amministrazione capitolina.
Niente da fare, ieri sera arriva il “komunikato” resistente dei filo palestinesi de noantri: “Parteciperemo al corteo di Roma del 25 aprile sfilando con le kefieh e le bandiere palestinesi e rilanciamo l’appello a tutti i sinceri antimperialisti, antifascisti, antirazzisti, antisionisti, a tutte le resistenze internazionali alla partecipazione”.
E così il 25 aprile si conferma la “festa” più divisiva d’Italia. L’occasione per celebrare piazzale Loreto più che la liberazione vera e propria. E per indicare come bersaglio Israele, l’America e l’Occidente da parte di tutti gli interessati finanziatori – e finanziati – del terrorismo internazionale.