L’assalto dei cinesi di JD.com: l’Italia spalanca la porta, la Francia detta le regole

L’assalto dei cinesi di JD.com: l’Italia spalanca la porta, la Francia detta le regole

27 novembre 2025

L’arrivo di JD.com (colosso cinese dell’e-commerce) nella distribuzione europea mostra due modelli opposti di tutela dell’interesse nazionale.

La Francia, di fronte all’ingresso del colosso cinese nel capitale di Fnac Darty, ha imposto condizioni precise: ruolo limitato nella governance, nessuna influenza sulla gestione, impegni formali sul rispetto delle specificità aziendali. Parigi ha fatto capire fin da subito che l’elettronica di consumo è un settore strategico e che l’ultima parola spetta allo Stato. Risultato: JD.com ha accettato tutto, consapevole che con il governo francese non si entra senza negoziare.

Lo scenario italiano è l’esatto contrario. Nell’operazione che porta JD.com a rilevare MediaWorld, il MIMIT non ha rilevato “criticità”: la capo dipartimento Eva Spina ha dato via libera senza chiedere garanzie aggiuntive, senza attivare strumenti di controllo preventivo e senza porre condizioni su governance, gestione o tutela della filiera. Una decisione in perfetta continuità con l’abitudine italiana a considerare “ordinari” passaggi che invece toccano comparti sensibili, soprattutto quando coinvolgono grandi gruppi extraeuropei.

Il confronto è netto:
Parigi difende, Roma osserva.
In Francia l’ingresso di un player globale è un dossier politico; in Italia un atto amministrativo.
Il risultato è che JD.com, nel giro di poche settimane, si trova davanti due modelli di Europa: uno che negozia e uno che non alza nemmeno il sopracciglio.

L’operazione MediaWorld poteva essere l’occasione per rivendicare un ruolo attivo. Invece, ancora una volta, l’Italia si distingue per una disponibilità immediata che altri Paesi non si sognano di mostrare.