Le nuove avventure di Carlo Calenda, il “Churchill dei Parioli” che non ne azzecca mai una ma continua a pontificare su tutto

Le nuove avventure di Carlo Calenda, il “Churchill dei Parioli” che non ne azzecca mai una ma continua a pontificare su tutto

31 agosto 2025

“Gli italiani sono un popolo di contemporanei perché non hanno memoria”. Così Ugo Ojetti spiegava a Indro Montanelli il carattere nazionale. Una definizione che sembra scritta apposta per Carlo Calenda, l’uomo che nonostante una sequela di fallimenti riesce ancora a spacciarsi per paladino della crescita e a ottenere ascolto dai media e da una parte della politica.

Tanto che l’ex ministro dell’allora MISE mantiene un forte ascendente su giornalisti ed editorialisti del Corriere della Sera del calibro di Federico Fubini e Francesco Giavazzi, malgrado i vari tentativi del direttore Luciano Fontana di contenerlo.

Eppure, da Italo al CIS di Napoli, portati sull’orlo del fallimento, passando per Open Fiber e per la disastrosa cessione dell’Ilva ad ArcelorMittal, il curriculum calendiano dovrebbe consigliare il silenzio. E invece l’enfant prodige dei Parioli continua a dispensare ricette economiche via social, accolto come un oracolo da giornalisti ed economisti che pure dovrebbero conoscerne bene le gesta.

L’ultima uscita è un post su X in cui Calenda invoca la revisione dei “costi esorbitanti di trasmissione e distribuzione” che Enel e Terna addebiterebbero in bolletta, accusando l’AD di Enel, Cattaneo, di difendere solo i bonus dei manager. Un’accusa che fa presa sui social ma che ignora i fatti: la rete di distribuzione italiana è tra le meno care d’Europa (18% della bolletta contro il 31% della media UE), e proprio per questo contribuisce a mantenere i prezzi domestici in linea con il resto del continente, nonostante l’Italia paghi un gas molto più caro della Francia nucleare e della Germania.

I numeri parlano chiaro: le famiglie italiane pagano circa 60 euro al mese per 2.000 kWh, contro i 57 della media UE. Differenza minima, se si considera che il prezzo spot dell’energia in Italia è il doppio di quello francese e il 40% più alto di quello tedesco. A fare da cuscinetto è proprio il costo ridotto delle nostre reti, che Calenda demonizza per ragioni più ideologiche che tecniche.

La verità è che i problemi della bolletta italiana stanno altrove: il 43% della domanda elettrica viene ancora soddisfatta dal gas, il cui prezzo segue i mercati internazionali (TTF). Dopo i minimi pre-Covid a 16 €/MWh, il gas è salito oltre i 36 nel 2024 e oggi viaggia intorno ai 33. Questo spiega il PUN elevato, non certo i presunti abusi di Enel o Terna.

Lo confermano anche gli ultimi dati Istat: l’inflazione scende all’1,6% grazie alla flessione dei prezzi energetici (-4,4%). Segno che le bollette, pur restando alte, non sono zavorrate da costi di rete ma dal mix energetico nazionale.

Invece di fare i conti con la realtà, Calenda preferisce la polemica facile contro l’AD di una delle principali partecipate italiane. Un modo furbo per guadagnare qualche like in più, ma totalmente inutile per affrontare i nodi veri dell’energia. Governi non si fanno coi like, e speriamo davvero che l’Italia non cada mai più nella tentazione di affidarsi a chi confonde i numeri con gli slogan.