Le visite mediche fiscali e i diversamente malati

Le visite mediche fiscali e i diversamente malati

04 gennaio 2018

Dal 13 gennaio per i lavoratori pubblici che saranno assenti dal lavoro per malattia cambiano le metodologie di accertamento fiscale. Questo in pratica dovrebbe essere il succo della riforma Madia nel pubblico impiego mentre di fatto non cambia molto soprattutto in ordine alla cosiddetta “finestra di reperibilità”.

Gli orari in cui i dipendenti pubblici debbono restare a casa perché potrebbe arrivare la temuta visita fiscale negli orari vanno dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18 (visite che potranno essere effettuate anche nei giorni considerati non lavorativi o festivi). La polemica, che in questi giorni sta montando tra i lavoratori del pubblico impiego, è dovuta al fatto che per i dipendenti privati la reperibilità non è di sette ore giornaliere ma solo di quattro ore e precisamente dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.

Insomma i lavoratori privati che non vanno a lavorare perché sono malati (o fanno finta di esserlo) possono farsi la loro vita fino alle 10 di mattina e dalle 12 alle 17 per poi andarsene se vogliono a cena fuori dopo le 19 mentre i lavoratori della pubblica amministrazione debbono rimanere relegati a casa per tre ore in più dei loro colleghi privati.

Bel caos e bella discriminazione che era stata anche evidenziata dal Consiglio di Stato che nell’agosto dello scorso anno aveva “osservato” che la riforma Madia non aveva provveduto ad armonizzare le fasce orarie per le visite fiscali dei pubblici dipendenti equiparandole al privato.

Giustamente la Ministra Madia aveva risposto che “l’armonizzazione alla disciplina prevista per i lavoratori privati avrebbe comportato (per i dipendenti pubblici) una riduzione delle fasce orarie da sette ore giornaliere a sole quattro e, quindi, una minore incisività della disciplina dei controlli”.

Una volta tanto bisogna dire che la Madia ci “aveva preso” ma rimane il fatto che si poteva armonizzare questa normativa degli orari portando anche i lavoratori privati “malati” a rimanere in casa per sette ore e non solo per quattro. No, il governo ha deciso di lasciare le cose come stanno e operare una discriminazione tra malati pubblici e malati privati creando così, potremmo dire scherzosamente, i “diversamente malati”.

Ci si è messo poi anche il presidente dell’Inps, Tito Boeri, che da sempre è favorevole all’armonizzazione delle fasce orarie portando però a sette ore per tutti la reperibilità anziché abbassare quella dei pubblici dipendenti a quattro ore come per i privati.

Il presidente Boeri ha affermato che “la mancata armonizzazione rende più difficile realizzare quelle economie di scala che sono alla base della scelta del polo unico. Se ci sono due dipendenti malati, uno pubblico e uno privato in una piccola località, per ridurre i costi unitari dei controlli si potrà essere costretti a rinunciare a visitare sia l’uno che l’altro”.

Non si capisce, dalle parole di Boeri, qual è la difficolta dell’Inps ad effettuare “nella piccola località” tutti e due i controlli, basta utilizzare a questo punto le fasce coincidenti e il gioco è fatto. La cosa grave è la discriminazione tra le sette ore dei 3 milioni e trecentomila dipendenti pubblici e le quattro ore dei 14 milioni e seicentomila lavoratori privati.

Andreotti diceva che “a pensare male si fa peccato ma ogni tanto ci si piglia” e quindi ci viene il sospetto che, per non mettersi contro i 14 e passa milioni di lavoratori del privato (a ridosso delle elezioni politiche), il governo non abbia toccato il tasto dell’armonizzazione delle fasce orarie e abbia lasciato le cose come stanno… almeno fino a elezioni ultimate.

Siamo alle solite di un governo che o con gli ottanta euro di renziana memoria o con le tre ore di “libertà” in più per i lavoratori malati del settore privato cerca di non prendere decisioni impopolari mentre sarebbe bene portare rendere tutti egualmente reperibili, a quattro o a sette ore, oltre che realmente controllabili in modo da evitare malattie vacanziere che si manifestano durante i fine settimana o durante i ponti festivi.

Insomma i “diversamente malati” del privato possono stare tranquilli perché finché in Italia vivremo in perenne campagna elettorale tutto sarà lasciato così com’è. Lo diceva anche Tomasi da Lampedusa, “cambiare tutto per non cambiare niente”. Non è che la Madia e Poletti prima di firmare il decreto interministeriale hanno letto il Gattopardo?