Leonardo: Profumo adesso si preoccupa solo di arrivare a fine mandato, i sogni di gloria (?) possono aspettare
“Arrogance” affetta tranquillità e i nuovi guai giudiziari per quei maledetti bilanci fasulli di MPS, apparentemente, gli fanno un baffo. Ha capito che la sua avventura in Leonardo è finita e la sua unica preoccupazione è ora quella di riuscire a finire il mandato e di non essere cacciato prima. I suoi legali, almeno su questo punto, l’hanno tranquillizzato. Tra il deposito di memorie difensive, inevitabile rinvio a giudizio e decisione finale del gip, non potranno passare meno di tre mesi. Così, si arriverà a Natale/Capodanno e a quel punto, la scadenza di primavera sarà troppo ravvicinata per pensare ad un ribaltone.
A meno che il nuovo ministro-azionista dell’Economia del nuovo governo (presumibilmente di centrodestra) non decida che, con una pesante condanna di primo grado a sei anni (sia pure solo in primo grado, con un appello non ancora fissato dopo quasi ventotto mesi) e un ulteriore rinvio a giudizio, sia arrivato il momento di far ricorso almeno ai criteri di opportunità. Scegliendo un nuovo top manager, cui affidare la guida di una società quotata in borsa e che un tempo rappresentava l’eccellenza italiana nel settore della difesa.
D’altra parte, a prescindere dai periodici e roboanti annunci di nuove importanti commesse, che la gestione di Profumo abbia fatto registrare solo mediocri performance, è un fatto noto e difficilmente contestabile. In Italia, ma soprattutto all’estero. Partendo dal disastro della mancata quotazione in borsa della controllata Usa DRS e al goffo annuncio a giugno di volerci riprovare (con l’aggiunta della israeliana RADA e conseguente calo del titolo). E proseguendo con il fallito tentativo di conquista del mercato tedesco, con l’acquisto del 25% della Hensoldt spendendo 600 milioni per una quota che ne valeva 400. E vedersi poi bocciare dal governo tedesco il piano industriale che doveva portare a raggiungere il 40% di quell’azienda. Risultato finale: il titolo Leonardo scende in borsa, così come quello della Hensoldt, malgrado il florido momento del mercato tedesco della difesa e forse per i sospetti di un aggiramento delle sanzioni allo Yemen. Un trionfo.
Pensare che solo il 24 giugno scorso, in un evento all’ambasciata italiana a Berlino, “Arrogance” e Thomas Mueller, CEO di Hensoldt, promettevano grandi collaborazioni ed inevitabili successi, brindando con il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ad un radioso futuro.
Beh, lo stiamo vedendo. E sarà difficile che gli sforzi che potranno fare Giovanni Soccodato (capo delle M&A) e della presidente di Med-Or, Letizia Colucci, entrambi membri del Supervisory Board dell’azienda tedesca, possano riuscire ad invertire la tendenza; individuando sinergie in grado di portare vantaggi a Leonardo e all’azionista di maggioranza MEF.
Nel frattempo, in Italia, Profumo tace sull’offerta di acquisto della tedesca Rheinmetall per l’Oto Melara (di cui non si sa più nulla) ma anche sulle possibili implicazioni di Leonardo nell’aggiramento delle sanzioni all’Arabia Saudita. E la cosa più divertente è che nel board dell’ex-Finmeccanica siedono due presunti consiglieri “indipendenti” che in realtà sono stati nominati in quota M5s: il compagno di scuola di Luigi Di Maio, Carmine America e Paola Giannetakis. E volete sapere cosa c’è di divertente? Che a sollevare il problema e a scatenare la campagna contro l’export verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi (con pesanti impatti per molte aziende italiane) fu proprio l’attuale ineffabile titolare (grazie a Dio ancora per poco) della Farnesina.
Naturalmente, ora America e Colucci
fanno finta di niente e non si azzardano a disturbare il manovratore.
Ma per quanto ancora si può andare avanti così?