
L’Europa, l’Ucraina e la politica agricola: si va verso un nuovo Visegrad 4?
Donald Tusk e Viktor Orbán non si vedono affatto d’accordo sull’Europa. Eppure, se la Commissione Europea dovesse davvero portare Polonia, Ungheria e Slovacchia davanti alla Corte di Giustizia — un’ipotesi che Bruxelles sta valutando, poiché i tre paesi rifiutano di revocare il divieto sulle importazioni agricole ucraine —, quella che nasce come una controversia legale potrebbe diventare il catalizzatore di un riavvicinamento politico.
I tre governi mantengono in vigore, dal 2023, divieti di importazione per proteggere i mercati interni dal rischio di essere travolti dai prodotti agricoli ucraini. Bruxelles sostiene che oggi non ve ne sia più bisogno, perché è entrato in funzione un nuovo meccanismo che regola gli scambi tra UE e Ucraina, nato proprio per correggere le distorsioni delle precedenti “misure commerciali autonome”. Quelle, infatti, avevano consentito a Kiev di dirottare le esportazioni di cereali dal Mar Nero verso le rotte terrestri attraverso i paesi confinanti dell’Unione.
Il nuovo schema riduce o elimina i dazi su numerosi prodotti — latticini, ortaggi, carne — concedendo a Kiev un accesso agevolato al mercato europeo in cambio di un graduale allineamento agli standard comunitari. Include anche una clausola di salvaguardia che consente a entrambe le parti di limitare le importazioni in caso di perturbazioni dei mercati locali.
Per Polonia, Slovacchia e Ungheria, però, queste salvaguardie sono troppo deboli per proteggere gli agricoltori nazionali. La norma richiede che lo Stato membro dimostri con dati concreti l’esistenza di una “perturbazione di mercato”, con indagini che potrebbero richiedere mesi. Le misure correttive sarebbero temporanee e non prevedono né compensazioni per i produttori né soluzioni per i problemi di stoccaggio e logistica. Per questo i tre governi preferiscono mantenere i propri divieti unilaterali introdotti nel 2023.
Ed è qui che la vicenda diventa politica. L’Ungheria è stata la principale promotrice di un asse contrario al sostegno militare ed economico all’Ucraina. Ora che Andrej Babiš è tornato al potere nella Repubblica Ceca, Orbán sogna di resuscitare il formato di Visegrad 4: l’alleanza fra Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca che già nel 2015 riuscì a difendere con efficacia gli interessi dei paesi membri dell’Est durante la crisi migratoria.
Potrebbe rinascere un simile fronte, stavolta sul dossier ucraino, con i divieti commerciali come collante che unisce Varsavia e Budapest? Possibile, visto che l’Ungheria accusa già Bruxelles di sostenere Kiev a spese degli agricoltori e degli apicoltori europei: argomento che, a Varsavia, trova orecchie molto sensibili.
LA SASSATA

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