
Pioggia di licenziamenti in tutta Europa: le politiche di Bruxelles spingono verso il baratro, ma Roma se n’è accorta?
C’è la consapevolezza a Roma che l’Europa sta andando a schiantarsi contro un muro? È la domanda che gli imprenditori del nord si stanno ponendo in questi giorni. E purtroppo la risposta è no. Nei palazzi della politica a Roma e a Bruxelles non c’è alcuna consapevolezza.
Solo slogan vuoti sulla “transizione verde”, sulla “sovranità strategica”, e sul “nuovo modello industriale europeo”. Mentre intanto il sistema produttivo reale — quello che fa bulloni, camion, acciaio, semiconduttori — collassa pezzo per pezzo.
Basta leggere la cronaca, non le opinioni. Negli ultimi mesi, mezza Europa industriale ha cominciato a licenziare:
- Bosch taglia 13.000 posti,
- Volkswagen ne ha già tagliati 7.000,
- Daimler Truck altri 2.000,
- Stellantis 2.500 in Italia,
- Volvo Cars 3.000,
- Renault prepara 3.000 esuberi,
- Nestlé ne licenzia 16.000,
- Burberry e LVMH riducono del 20% i dipendenti,
- OMV, Orsted, SiKa, Kuehne+Nagel, Commerzbank, Novo Nordisk, Lufthansa, STMicroelectronics: tutti con piani di tagli tra 1.000 e 5.000 persone.
Non stiamo parlando di start-up sfortunate, ma dei pilastri dell’economia europea. E non è solo colpa della Cina. È colpa di un’Unione Europea suicida, incapace di capire che la tempesta non è congiunturale ma strutturale.
Washington ha alzato dazi e imposto la famigerata 50% rule che di fatto paralizza metà della manifattura europea legata al mercato cinese. La Germania arranca sotto il peso dei costi energetici e delle follie green imposte da Bruxelles. La Francia gioca al piccolo Napoleone con un’industria pubblica in stato comatoso. E l’Italia? Sta a guardare, non si ribella; si accontenta di una politica industriale zoppicante, vero vulnus dell’attuale Governo.
Nel frattempo Pechino fa il suo gioco: accumula materie prime a prezzi di saldo, mantiene artificialmente bassi i costi interni e osserva con calma l’Europa auto-demolirsi in nome della regolazione.
Bruxelles parla di “strumento anti-coercizione” contro la Cina, ma non riesce neppure a difendere Nexperia, la fabbrica di chip olandese finita nel mirino dopo il sequestro del governo dell’Aia. Una decisione che rischia di bloccare mezza filiera auto europea.
È la fotografia di un continente governato da contabili e ideologi, incapaci di un minimo di visione geopolitica.
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