
L’oro del popolo: una verità scomoda per l’euro
La norma sull’oro non è propaganda, né una strizzata d’occhio sovranista da bar. È una mossa politicamente sensata, persino necessaria, in un’Unione monetaria che da anni pretende obbedienza giuridica ma offre sempre meno garanzie politiche.
Dire che l’oro della Banca d’Italia “appartiene al popolo italiano” non cambia nulla sul piano legale – i trattati restano lì, la BCE pure – ma ristabilisce un principio che Bruxelles preferirebbe rimuovere: le riserve monetarie non sono un bene tecnico neutro, sono un asset di sovranità. E la sovranità, piaccia o no, appartiene ai cittadini, non alle istituzioni.
L’obiezione secondo cui l’emendamento sarebbe “pericoloso” è rivelatrice. Se davvero fosse irrilevante, perché tanto nervosismo a Francoforte? Perché tanta fretta nel chiedere di cancellarlo? La risposta è semplice: perché rompe un tabù. Ricorda che l’euro non è uno Stato e che la BCE non è un Leviatano legittimato dal voto popolare. È un’architettura tecnica che funziona finché la politica la sostiene. E oggi quella politica scricchiola.
L’Italia possiede il terzo stock d’oro al mondo. Non è folklore, è un fatto. E in un’epoca di fratture geopolitiche, riarmo, sanzioni, guerre valutarie e crescente sfiducia nelle istituzioni europee, affermare la titolarità popolare di quell’oro è un atto di trasparenza, non una minaccia. Non significa voler uscire dall’euro, ma rifiutare l’idea che l’appartenenza all’euro implichi la rinuncia preventiva a qualsiasi forma di autodeterminazione economica.
Chi agita lo spettro dell’Italexit confonde deliberatamente piani diversi. La norma non autorizza l’uso dell’oro, non viola i trattati, non apre scorciatoie fiscali. Serve a un’altra cosa: ricordare che, se l’ordine monetario europeo dovesse un giorno fallire – per errori propri, non per colpa italiana – esistono ancora ancore reali su cui ricostruire. Negarlo sarebbe irresponsabile.
In questo senso, l’emendamento è un messaggio sobrio e razionale in un mondo instabile: l’Italia resta nell’euro, ma non accetta di essere trattata come un’entità priva di riserve, storia e strumenti. È un’assicurazione politica a costo zero, non un piano di fuga. E forse è proprio questo che dà fastidio: l’idea che la sovranità, anche quando è sospesa, non sia mai del tutto cancellata.
L’oro resterà nei caveau della Banca d’Italia. Ma chiarire a chi appartiene davvero non indebolisce l’euro. Ricorda semplicemente che la moneta unica vive finché serve i popoli, non il contrario.


