Nomine Autorità Portuali: tra riforme-fantasma e lottizzazioni selvagge, sempre più vicini i commissariamenti generalizzati

Nomine Autorità Portuali: tra riforme-fantasma e lottizzazioni selvagge, sempre più vicini i commissariamenti generalizzati

05 giugno 2025

E niente, il viceministro “delegato” Edoardo Rixi proprio non ce la fa a portare a termine l’incarico affidatogli dalla maggioranza di governo: riforma del sistema di gestione e rinnovo dei vertici delle autorità portuali.

Passi per la proposta legislativa (e meno male visti i suggerimenti fraudolenti del “consigliori” del Pd Zeno D’Agostino), ma il caos delle nomine spezzettate sta provocando il collasso all’interno della maggioranza. Con il rischio di un commissariamento generalizzato sia per le autorità con presidenti già indicati, sia per quelle ancora “scoperte” e al centro di furibonde risse lottizzatorie che Rixi non riesce a sedare (quando non contribuisce ad alimentare).

Prendiamo il caso di Palermo, una delle poche situazioni dove la successione a Pasqualino Monti sembrava quasi automatica. E per meriti, non per scelte politiche, dal momento che la “promozione” del segretario generale Luca Lupi era la soluzione più logica.

Macché. Ecco saltare fuori gli immancabili ex-parlamentari “trombati” e privi di un minimo di competenze. Chi sostenuto dal presidente della Regione, Renato Schifani (e quindi da FI) e chi spinto dalla Lega (e quindi da Salvini e Rixi).

Ma anche all’interno di FdI non mancano fermenti e polemiche per indicazioni non condivise a livello territoriale, che sono risultate ben gradite al vice-ministro “delegato” per bloccare tutto.

E così ora, di fronte allo stop ai “gradimenti” di competenza delle commissioni parlamentari, si fa concreto il rischio di trasformare i presidenti già indicati in commissari e “coprire” le sedi ancora scoperte con altrettanti “numeri 1 provvisori”. E rinviare tutto a settembre. Quando con alcune elezioni regionali interessate alle nomine, com’è avvenuto per Genova, sarà forse più facile trovare un accordo tra i partiti della maggioranza di governo.

Sì, ma che vergogna.