Nomine, “grandi manovre” tra sponsorizzazioni interessate e malumori nel centrodestra per le eventuali conferme dei “riciclati”
02 febbraio 2023
De Scalzi? Confermato all’ENI (e quattro!). Starace? Bocciato e sostituito all’ENEL da Donnarumma. Del Fante? Confermato alle Poste.
Sono queste le prime e più accreditate indicazioni sulla prossima stagione delle nomine delle aziende controllate dal MEF. C’è chi le attribuisce direttamente alla premier Giorgia Meloni e chi invece parla di intese già raggiunte (sia pure solo a voce) anche con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Quel che è certo è che nel centrodestra i mugugni crescono di giorno in giorno. E se per l’AD dell’ENI l’ennesima conferma può trovare giustificazione nel “risarcimento” per la persecuzione giudiziaria da parte dei pm di Milano (così come per Del Fante parlano gli ottimi risultati raggiunti), la promozione di Donnarumma -da Terna all’ENEL- alimenta molte perplessità per il passato pentastellato del manager. “Basta con i riciclati”, è la sintesi.
Sono queste le prime e più accreditate indicazioni sulla prossima stagione delle nomine delle aziende controllate dal MEF. C’è chi le attribuisce direttamente alla premier Giorgia Meloni e chi invece parla di intese già raggiunte (sia pure solo a voce) anche con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Quel che è certo è che nel centrodestra i mugugni crescono di giorno in giorno. E se per l’AD dell’ENI l’ennesima conferma può trovare giustificazione nel “risarcimento” per la persecuzione giudiziaria da parte dei pm di Milano (così come per Del Fante parlano gli ottimi risultati raggiunti), la promozione di Donnarumma -da Terna all’ENEL- alimenta molte perplessità per il passato pentastellato del manager. “Basta con i riciclati”, è la sintesi.
E veniamo al resto. Nessuna obiezione, per esempio, se Giuseppe Lasco, attuale condirettore generale delle Poste (e maggior artefice della trasformazione dell’azienda in una moderna azienda multiservizi diffusa su tutto il territorio), dovesse succedere a Donnarumma come AD di Terna. È un manager che viene proprio da lì e quindi apparirebbe come una scelta ineccepibile.
Messe per il momento da parte Cdp, Ferrovie e GSE (dove comunque dovrebbe almeno essere ridimensionato il potere assoluto di Andrea Ripa di Meana) e RAI, i cui vertici andranno formalmente in scadenza solo l’anno prossimo, resta da esaminare il caso più spinoso, quello che riguarda Leonardo. Dove l’AD Profumo, malgrado i seri guai giudiziari targati MPS, si agita molto per restare almeno come presidente. E d’intesa con i suoi sponsor del Pd, sogna di poterlo fare con un AD al suo servizio, cioè privo -come peraltro lui stesso- di competenze industriali e commerciali: l’ex-ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, catapultato nel governo Draghi direttamente da Beppe Grillo. Ed ora comunque molto stimato dalla Meloni, che lo ha voluto tra i suoi più stretti consulenti. Senz’altro uno scienziato, un tecnico adatto a fornire ottimi consigli, ma che certo non ha e non può avere lo “skill” manageriale per rilanciare l’ex-Finmeccanica.
Difatti, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che è sua volta il più ascoltato consigliere della premier in questo comparto strategico, non ci pensa nemmeno a soluzioni del genere. E preferirebbe di gran lunga -come AD di Leonardo- Lorenzo Mariani, ora al vertice di MBDA e considerato unanimemente il miglior manager italiano del settore. Sia dal punto di vista industriale che da quello commerciale.
Perché-come ha ben spiegato l’Agenzia Associated Media in una dettagliata e illuminante analisi firmata da Ennio Bassi- la gestione Profumo, “doveva essere caratterizzata da un rinforzamento del posizionamento internazionale e dell’espansione all’export; invece ad oggi presenta forti incertezze rispecchiate nella valorizzazione di Borsa: Leonardo, che oggi veleggia poco sopra i 9€ ad azione a fronte degli oltre 16€ ad azione raggiunti nell’ultimo periodo della gestione precedente, cioé nel 2017”.
Bassi, assai documentato, è spietato. E vale la pena di leggere tutto ciò che scrive con molta attenzione. Altrimenti si rischia di non capire il perché dell’inadeguatezza di Cingolani.
“Ad oggi Leonardo, che fino a qualche anno fa si chiamava Finmeccanica, ha una capitalizzazione di borsa pari a circa 5 miliardi di euro, un terzo rispetto al fatturato complessivo di 15 miliardi, segno evidente di una debolezza strutturale e strategica ben percepita dagli investitori e del resto riflessa nello stato patrimoniale della società, che mostra tuttora forte indebitamento reale e una generazione di cassa ben al di sotto dei benchmark di settore. Insomma, l’analisi dei numeri non aiuta certo la gestione uscente”
E ancora:” Di fronte ad uno scenario così compromesso, quali sono gli obiettivi prioritari che dovranno essere perseguiti dal nuovo management della società? Il primo tema è certamente un recupero della fiducia dei mercati, attraverso una concentrazione sui business in cui può essere espressa una leadership e la creazione di opportuni accordi o Joint-venture nei settori destinati a rimanere in posizione da “cenerentola” per mancanza di massa critica e/o di adeguati investimenti. Rinforzamento del posizionamento internazionale, in particolare per quanto riguarda alcuni dei settori di business in maggiore difficoltà dal punto di vista strategico, come quello dell’Aeronautica e delle Aerostrutture.
Poi ci sarà bisogno di una forte spinta verso l’export, dove negli ultimi anni alla competizione “tradizionale” di USA e Francia si sono aggiunti altri competitor, in particolare israeliani e turchi, e di un consolidamento delle capacità nazionali nel campo della Difesa, armonizzando quanto ad oggi posseduto dalla stessa Leonardo, da Fincantieri e da Iveco, oltre ad una larga fascia di PMI tra cui primeggia per competenze e valore la Elettronica SpA.
Prioritario è anche il rinnovamento del portafoglio prodotti di alcune aree dove gli ultimi investimenti significativi sono stati messi in campo due o addirittura tre decadi orsono. Esemplare il caso degli Elicotteri, dove il successo sul mercato del AW-139 (concepito negli anni ‘90) ha oscurato ad oggi la necessità di un riposizionamento nel settore militare, in particolare verso le nuove tecnologie del Future Vertical Lift di matrice US che incombe su diversi mercati anche Europei.
Vi sono poi una serie di altre questioni, non di secondaria importanza, che riguardano Leonardo e che qui proviamo a sintetizzare:
1) Ricerca di un ruolo per la Divisione ICT e Cyber, oggi marginalizzata su un mercato molto competitivo e relegata a fornitore interno al Gruppo di servizi IT, incapace di cogliere le opportunità offerte dal settore più dinamico tra quelli in cui opera Leonardo.
2) Ristrutturare il Gruppo per cogliere tutte le opportunità di mercato con il giusto fattore di scala ed allo stesso tempo avere la capacità di stringere accordi mirati a livello Europeo per i singoli settori.
3) Realizzare nel corso di un mandato triennale un miglioramento significativo dello stato patrimoniale della Società.
4) Recuperare il pieno rapporto di fiducia con le Forze Armate ad oggi fortemente deluse dall’assenza di scelte e proposte concrete degli ultimi 10 anni è sempre più spesso attratte da offerte di fornitori esteri.
Questa situazione -prosegue l’analisi dell’Agenzia Associated Media- dimostra che chi sarà chiamato a gestire Leonardo dovrà necessariamente avere alcune caratteristiche che nel recente passato sono state largamente trascurate. Vediamone alcune:
1) Capacità di gestire strutture complesse con migliaia di addetti, che spaziano ad oggi dall’Aeronautica Militare all’ICT Civile passando per Elicotteri, Elettronica, Missili e Spazio. Dovrà essere dimostrabile l’esperienza nella gestione aziendale di strutture organizzate per commesse di vendita, verso Clienti Italiani ed Esteri.
2) Conoscenza della catena del valore delle forniture militari, costituita in particolare dalla rete di PMI che da anni coopera con successo con Leonardo su molteplici imprese nazionali ed export.
3) Conoscenza profonda dell’ambiente industriale Europeo e dei principali partners e competitors europei e mondiali, unità a familiarità con i Ministeri della Difesa degli altri Paesi Europei.
4) Capacità di proposizione sul mercato Export, con approfondita conoscenza dei prodotti e delle dinamiche associate alle grandi forniture militari ed all’approccio G to G. Questo è un punto particolarmente delicato, in quanto le forniture militari sono un elemento strettamente legato alla Politica Estera dei Paesi e in tale accezione richiedono una profonda comprensione del Sistema Paese e delle reali possibilità di successo. 5) Conoscenza approfondita dei processi alla base delle forniture per il Ministero della Difesa Italiano e dei programmi in cooperazione, con legame già consolidato con i principali “decision makers” a livello di Forze Armate.
6) Capacità di impostazione di un piano strategico per ciascun settore, che copra l’evoluzione delle singole Divisioni e Società di Leonardo nei prossimi 10 anni, sulla base anche delle iniziative già avviate o condotte con alterni successi negli ultimi 20 anni.
Insomma -conclude Bassi- la credibilità ed il successo di questo Governo, soprattutto in anni di crisi come questi, si basano molto anche sulla capacità delle aziende pubbliche di funzionare bene e produrre reddito. Il caso di Leonardo è emblematico. Il Governo ha oggi l’occasione di rimettere sulla giusta linea un nostro gioiello nazionale. Un’azienda gloriosa che ha già dimostrato negli anni precedenti il 2016 di poter ottenere successi eccezionali anche rispetto a competitor globali di maggiori dimensioni e su mercati tutt’altro che “captive”. La vera incognita è se la scelta del management sarà effettuata secondo criteri e logiche industriali e di mercato oppure solo in base a sensazioni, emotività e logiche di immagine”.
Può bastare o serve altro per capire che non si può sbagliare la scelta del prossimo AD di Leonardo?