Rai, Minoli si candida a tutto, dimenticandosi impicci, imbrogli e conflitti d’interesse
Ci sarebbe da rotolarsi in terra dalle risate, se non si trattasse del futuro della Rai. Perché l’ineffabile Giovanni Minoli ha deciso di candidarsi al vertice di viale Mazzini e per farlo ha scelto la strada di una lunga intervista a “Libero”.
Sparando, con la consueta prosopopea da “inventore della televisione”, una serie di amenità che rasentano la sfacciataggine. Approfittando di domande quantomeno compiacenti (silenzio sul conflitto d’interessi per una moglie, Matilde Bernabei, produttrice di fiction; silenzio sugli impicci e imbrogli di “Agrodolce”; silenzio sugli spot pro-PSI con Bettino Craxi; silenzio sugli articoli per l’Unita’”), Minoli attacca prima di tutto i TG. “Perché – sdottoreggia – costruiti così sono obsoleti”.
Ora, che i telegiornali siano criticabili per molti motivi, e’ incontrovertibile. Ma che a dare lezioni sia non un giornalista professionista, ma soltanto pubblicista (non si è mai sottoposto all’esame di Stato, troppo umiliante per un genio della comunicazione come lui), è francamente fuori luogo. Il “clou” dell’intervista, comunque, arriva subito dopo. Quando il “grande telegiornalista” (come lo gratifica “Libero”), si permette di parlare di lottizzazione.
Una pratica aberrante che sembrerebbe a lui sconosciuta (basta sghignazzare, eh?) e che fa della Rai e dei suoi dipendenti “l’ultima stazione del welfare cattocomunista”. Ma certo, come no. Detto da uno che ha costruito i migliori successi proprio sulla lottizzazione ed ha saputo sfruttare tutti i vantaggi della dominazione cattocomunista di viale Mazzini, non c’è davvero male. Molti auguri a Giovanni Minoli e ai suoi (fa capire lui) nuovi sponsor: Salvini, Di Maio e “soprattutto” Giorgetti. La Rai ha davvero bisogno di una “Raivoluzione”, meglio ancora se guidata da manager del suo livello. E con identica faccia di bronzo.