Lo schiaffo di Samantha Geimer agli ipocriti del #metoo
“A proposito dell’Accademia del Nobel che ha espulso un suo membro riconosciuto colpevole di un solo capo d’imputazione 40 anni fa… io dico che è una misura indecente e crudele che serve solo a salvare le apparenze, e che non cambia nulla nella cultura sessista di Hollywood ma che al contrario dimostra solo che si divorano gli uni con gli altri al solo scopo di sopravvivere”.
Poche parole, ben misurate, e molto significative. Dato che promanano dal blog di Samantha Geimer che – per chi non lo sapesse – è stata la vittima, ben risarcita, di Roman Polansky quando nel 1973 subì, consenziente, un rapporto sessuale con il regista che all’epoca aveva 40 anni suonati.
Dopo avere preso i soldi si è guardata bene dal continuare a prendersela con il proprio aguzzino con cui aveva fatto sesso sotto l’influenza degli stupefacenti. E anche nel libro scritto decenni dopo, “The girl: a life in the shadow of Roman Polansky”, aveva usato parole di comprensione e di perdono per il regista.
Un vero e proprio schiaffo in faccia agli ipocriti del #metoo che stanno cercando di fare credere che le molestie sessuali e la condizione di inferiorità delle donne rispetto agli uomini potenti sia un problema dello star system hollywoodiano (e anche nostrano) piuttosto che del mondo arabo islamico.
Le profetesse del “se non ora quando”- un giorno sì e l’altro pure in tv nei talk show – difficilmente parlano delle donne palestinesi o tunisine o siriane o pakistane. Però quando possano dare contro al produttore – nel frattempo caduto in disgrazia – che se le è portate a letto un quarto di secolo prima eccole pronte in prima fila. “Anche io”, dicono oggi. Come forse lo dicevano allora, quando bramavano la parte nel film.