SERVIZI: per un Vecchione defenestrato, c’è anche un Gabrielli in crisi di fiducia con Draghi
C’è un risvolto tenuto ancora riservato dietro il “blitz” con il quale il premier Mario Draghi ha rimosso dall’incarico al DIS il prefetto-generale Gennaro Vecchione.
Ed è la crisi nel rapporto di fiducia con il sottosegretario con delega ai servizi Franco Gabrielli. Il quadro fattogli dall’altro sottosegretario di Palazzo Chigi, Garofoli e dal capo di gabinetto, Funiciello, non gli ha lasciato scelta: disattendere le indicazioni dell’ex-capo della Polizia, nominare subito la Belloni, senza attendere la fine dell’anno e prorogare di un altro anno Parente al vertice dell’AISI, evitando di procedere alla scelta del prefetto Rizzi.
Come prova di sfiducia non c’è male. Anche perché ora Draghi potrà contare su un filo diretto con chi coordina i servizi, dal momento che l’ex-segretaria generale della Farnesina è -come lui- una vecchia alunna del liceo Massimo. E se il suo predecessore Conte è imbufalito per la defenestrazione del “fedelissimo” Vecchione, il premier sa comunque di poter contare, nel campo M5S, sulla benevolenza del ministro degli Esteri Di Maio, messo nelle condizioni di sostituire subito la Belloni (peraltro non molto amata all’interno della Farnesina, perché accusata di aver fatto carriera solo nei palazzi romani) con il suo capo di gabinetto Sequi.
Sul “blitz” draghiano, tuttavia, pesa come un macigno una palese irregolarità. Aver dovuto confrontarsi, per la nomina della Belloni e l’ulteriore proroga di Parente, con un presidente del COPASIR (il leghista Volpi) che fa parte della maggioranza e non -come prevede la legge istitutiva- dell’opposizione.
Qui si ritorna alla vecchia polemica sollevata da decine di costituzionalisti e giuristi. E perfino dall’ex-presidente della Camera Violante (PCI-PDS-DS-PD), che di quella legge fu il relatore. Nel silenzio assordante di quasi tutti i media radiotelevisivi e della carta stampata, che su questa vicenda preferiscono tenere il sacco a Salvini piuttosto che darla vinta alla Meloni.