Si chiude l’accordo con Pignataro. Ma i grandi investitori ora hanno paura del Fisco italiano

Si chiude l’accordo con Pignataro. Ma i grandi investitori ora hanno paura del Fisco italiano

08 giugno 2025

Si è concluso in via definitiva l’accertamento fiscale avviato nei confronti di Andrea Pignataro, fondatore e presidente del gruppo fintech ION. L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Bologna – ha formalizzato il 29 maggio un accordo da 280 milioni che chiude una complessa controversia su residenza fiscale e disciplina delle società controllate estere per gli anni 2013–2023.

L’intesa ha evitato l’avvio di un lungo e oneroso contenzioso giudiziario, e si fonda su un principio di collaborazione istituzionale: nessuna evasione, nessuna sanzione, né penale né amministrativa. La stessa Agenzia ha riconosciuto “obiettive incertezze interpretative” e ha apprezzato la condotta trasparente del contribuente.

Il nodo centrale della questione riguardava la presunta residenza fiscale in Italia, nonostante Pignataro risieda stabilmente da oltre trent’anni all’estero, tra Londra e la Svizzera, dove è anche situato il centro dei suoi interessi economici. Diverse sentenze della Corte di Cassazione e orientamenti comunitari ribadiscono che è proprio la sede degli interessi economici, e non quella affettiva o familiare, a determinare il domicilio fiscale.

Questo caso, risolto senza clamore ma con profonde implicazioni, si inserisce in un contesto più ampio che vede il sistema fiscale italiano sotto accusa per la sua incertezza normativa, imprevedibilità interpretativa e clima repressivo. Secondo numerosi osservatori economici, tra cui Confindustria e l’AIBE Index, il sistema tributario italiano è percepito come ostile.

L’ipertrofia legislativa, i cambi interpretativi retroattivi, le verifiche condotte con strumenti invasivi (sequestri, perquisizioni, maxi-sanzioni), e la commistione tra funzioni ispettive e giudicanti hanno alimentato un clima di sfiducia e rinuncia. Troppi imprenditori, manager e innovatori scelgono oggi la delocalizzazione, spinti da un contesto dove la normativa cambia troppo spesso e viene applicata in modo arbitrario.

Il caso Pignataro non è dunque un’eccezione, ma il sintomo di un sistema che rischia di criminalizzare l’incertezza stessa, trasformando il dubbio giuridico in colpa. “Non vi è stata alcuna evasione, ma una divergenza interpretativa ormai superata anche dal legislatore,” recita la nota conclusiva dell’Agenzia delle Entrate.

Tuttavia, come ha dichiarato lo stesso Pignataro in un’intervista recente, “il vero costo non è ciò che ho pagato. Il vero costo sono gli investimenti che non arrivano, le startup che si spostano altrove e i professionisti che perdono fiducia nel sistema.”