Trump e il gioco del Fisco nella competizione globale

Trump e il gioco del Fisco nella competizione globale

11 aprile 2025

Negli ultimi anni, le principali multinazionali tecnologiche americane sono finite nel mirino delle autorità fiscali europee. E l’Italia non fa eccezione. Meta, Google, Apple e Amazon sono state coinvolte in indagini che hanno portato a contestazioni fiscali per svariati miliardi di euro, spesso legate all’IVA, alla presenza effettiva sul territorio e all’attribuzione dei ricavi.

Nel febbraio 2025, Google ha chiuso un contenzioso con il fisco italiano versando 326 milioni di euro. L’indagine, avviata dalla Procura di Milano, riguardava il mancato pagamento di imposte tra il 2015 e il 2019, principalmente sui ricavi pubblicitari.

Pochi mesi prima, a dicembre 2024, Meta era stata accusata di non aver versato oltre 880 milioni di euro di IVA per i servizi digitali offerti agli utenti italiani, contestazione che la società ha respinto sostenendo che l’accesso gratuito alle piattaforme non dovrebbe generare obblighi IVA.

Amazon è tuttora oggetto di indagine per una presunta evasione dell’IVA pari a 1,2 miliardi di euro tra il 2019 e il 2021. L’accusa sostiene che la piattaforma abbia agevolato venditori extra-UE, principalmente cinesi, nell’elusione dell’IVA italiana.

Il totale, se confermato, potrebbe superare i 3 miliardi con sanzioni e interessi.

Anche Apple è stata colpita da una decisione pesante: nel settembre 2024 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ordinato la restituzione di oltre 13 miliardi di euro all’Irlanda, considerati aiuti di Stato indebiti.

In questi giorni è stata anche la volta di ION, gruppo fintech guidato da un italiano, Andrea Pignataro. A differenza delle Big Tech, in questo caso l’attenzione delle autorità si concentra non tanto sull’attività commerciale del gruppo, quanto sulla presunta residenza fiscale italiana del fondatore.

Sebbene ciascun caso abbia peculiarità giuridiche specifiche, il quadro d’insieme solleva interrogativi sulla strategia fiscale e industriale dell’Europa, e dell’Italia in particolare. L’obiettivo dichiarato è quello di contrastare l’elusione fiscale e garantire una concorrenza equa tra operatori locali e internazionali.

Tutto giusto visto con l’occhio del bravo finanziere, ma un po’ meno contento è l’alleato atlantico che vede questo modello come fumo negli occhi. La politica di Trump e i suoi dazi infatti parte da qui, dall’assunto che l’Europa penalizzi le imprese americane regolamentandole e tassandole.

Giusto o sbagliato che sia, da qui bisognerà prendere le contromisure.