L’ Ugl celebra il congresso sulla “nuvola” ma gli associati rimangono a terra

L’ Ugl celebra il congresso sulla “nuvola” ma gli associati rimangono a terra

20 febbraio 2018

Il momento della celebrazione di un congresso per un sindacato è sempre un momento importante e altamente partecipativo. Nella storia della Cisnal prima e dell’Ugl poi si sono celebrati molti congressi confederali la cui preparazione è iniziata almeno un anno prima della sua celebrazione.

Questo per dar modo a tutte le strutture di poter a loro volta celebrare i congressi provinciali di categoria, i congressi delle Unioni confederali territoriali, i congressi delle strutture regionali e i congressi delle federazioni nazionali. Quindi il congresso confederale rappresentava la punta di una piramide molto ampia che era rappresentata dalle strutture provinciali di categoria. Proprio le strutture di base di categoria chiamavano gli iscritti a nominare sia i delegati ai congressi nazionali di categoria sia i delegati al congresso delle strutture territoriali e regionali.

Al congresso confederale partecipavano i delegati eletti da queste strutture di categoria nazionale e dalle strutture territoriali confederali sia regionali sia provinciali. Questo è sempre avvenuto, nel rispetto di una partecipazione democratica di tutti gli associati, sia nella Cisnal che dopo nell’Ugl.

Domani, presso la Nuvola di Fuksas a Roma, si apre quello che Capone & Co. chiamano congresso confederale ma che, in effetti, altro non è che una riunione molto allargata dei quadri sindacali di categoria e territoriali.

Questo perché gli iscritti non sono stati chiamati ad eleggere i delegati a questa assise ma questi delegati sono stati “nominati” (anzi sarebbe giusto dire si sono autonominati) dalle vecchie strutture dirigenziali elette non si sa quanti anni fa. Insomma se la cantano e se la ballano da soli come si direbbe a Roma.

Il merito di questa “innovazione”, che di partecipativo non ha nulla, è dovuta all’invenzione del signor Capone di far approvare, nel novembre scorso, dal consiglio nazionale le “nuove procedure statutarie per arrivare a breve alla celebrazione del Congresso Confederale che si dovrebbe celebrare entro il mese di marzo”.

Or bene queste “nuove procedure statutarie” hanno prodotto il risultato che gli iscritti non sono stati chiamati a scegliere i loro delegati. Hanno definito congressi le riunioni dove i responsabili di categoria nazionale e di strutture confederali territoriali in moltissimi casi, se non in tutti, sono stati “eletti per acclamazione” o “per alzata di mano” in pieno stile “soviet” e alla faccia della segretezza del voto.

Insomma ancora una volta non si riesce a capire perché in quel sindacato ci sia tanta difficoltà a confrontarsi con i propri iscritti evitando proprio quel confronto di base che sono i congressi provinciali di categoria.

Analizzando poi l’ordine dei lavori non si può non notare come il dibattito tra quei (auto)delegati sia ridotto a poco più di sei ore in un giorno e mezzo di lavori congressuali. Insomma praticamente il tempo per non dire nulla. Una domanda viene spontanea: questo congresso serve per fare campagna elettorale per Claudio Durigon e dimostrare a Matteo Salvini, neo padrino del sindacato, che l’Ugl vive e lotta in mezzo a noi?

Oppure serve solo per mettersi a posto la coscienza e dare un tocco di finta partecipazione degli iscritti alla vita dell’Ugl tanto il risultato della rielezione di Capone (con questo metodo) è scontato? In ambedue i casi il risultato è lo stesso. Gli iscritti con questo congresso non c’entrano nulla.

Ci spiace fare queste constatazioni che non vogliono nemmeno tenere conto di come sarà gestito questo pseudo congresso e del fatto che questo vestito è stato confezionato su misura per Capone.

Saremmo anche disposti a capire le motivazioni di una riconferma di Capone in nome di “una ritrovata unità interna” se questa fosse stato il punto di arrivo di un processo partecipativo dove gli associati avessero potuto dire la loro ma così non è stato. Capiamo che sarebbe stato difficile spiegare ai rappresentanti della base (quella vera) perché l’Enas non esiste più e perché i suoi dipendenti non riescono a percepire ancora il dovuto?

Sarebbe stato difficile, con queste “nuove procedure” spiegare come si fa a dichiarare, come ha fatto il segretario Capone, che questo congresso rappresenta “un momento irrinunciabile di democrazia interna” se gli associati sono stati ignorati? Sarebbe stato difficile spiegare perché l’Ugl ha perso la sua rappresentatività in moltissimi settori?

Insomma siamo di fronte al solito tentativo, questa volta avallato anche dagli “ex rivoltosi”, di far credere ciò che non è. Peccato perché i presupposti politici in Italia per permettere all’Ugl di riprendere in mano una protesta sfuggita ormai dal controllo dei sindacati “ufficiali” ci sono tutti così come avvenne negli anni ’80.

Il problema è che Capone non è Laghi e nemmeno gli altri, se non i soliti ottuagenari disposti a tutto pur di non perdere il loro “strapuntino” (e non solo quello), sono riconducibili a ciò che avvenne nel decennio che va dal 1980 al 1990. Forse, con i distinguo del caso, anche Nobilia e la Polverini furono più partecipativi, nel celebrare i congressi, di chi oggi parla di “partecipazione e di democrazia interna”.

Rimane solo da vedere come si svolgerà questa riunione che impropriamente viene chiamata congresso. Non spetta a noi giudicare ma analizzare criticare si e ci prendiamo questo diritto sapendo che in molti, all’interno dell’Ugl, la pensano come noi ma non hanno il coraggio di ammetterlo per paura di ritorsioni interne.

Vogliamo continuare a dare voce a questo “silenzio forzato” affermando però che saremmo ben lieti di riconoscere che un periodo, e soprattutto un metodo usato negli ultimi 10 anni, è terminato e non potrà più tornare ma purtroppo non ce lo permettono gli avvenimenti. Speriamo che in queste sei ore di dibattito sulla “nuvola di Fuksas” qualcuno faccia rimettere i piedi a terra a chi, forse, ha perso il contatto con le realtà sparse in tutta Italia.

Se ciò avvenisse saremo i primi a riconoscerlo ma dubitiamo fortemente che questo accada. Fa più comodo restare tra le “nuvole” che con i piedi a terra.